Dopo il successo dello scorso anno Katia Beni e Anna Meacci tornano al Teatro di Rifredi con lo spettacolo “Ticket & Tac. Divagazioni in pillole semiserie su salute e benessere”, diretto da Carmen Femiano.
Sin dalle prime battute si capisce che non sarà concesso annoiarsi. Le due attrici toscane, infatti, sono cariche di energia ed è con questa ottima premessa che inizia un divertente viaggio all’interno del mondo della sanità. Dalle esilaranti telefonate ricevute dal centralino dell’ospedale di Careggi, all’immangiabile cibo della mensa ospedaliera, per ritrovarsi nel bel mezzo di una gastroscopia la cui descrizione è tutto un programma. Un incessante avvicendarsi di sketch con cui Katia e Anna accompagnano il pubblico alla scoperta del grande tema della salute, della malattia e del benessere, mettendo in evidenza non tanto il punto di vista degli addetti ai lavori, quanto piuttosto quello delle persone comuni. Ed è questo, senza alcun dubbio, il punto di forza dello spettacolo: dare voce alle persone comuni, alle loro fobie, alla solitudine di alcuni, alla bonaria ignoranza di altri e alla comprensibile diffidenza nei confronti di un mondo, quello della sanità, in cui tutto pare funzionare al contrario, a partire dal fatto che per dire ‘positivo’ bisogna dire ‘negativo’.
In questo viaggio si ride. Si ride tanto e di gusto, perché come ricorda anche il testo “l’umore è importante nella vita, ma soprattutto nella morte”, figuriamoci nella malattia verrebbe da aggiungere. Ma questo viaggio è anche un’occasione per riflettere. Katia e Anna ci invitano a farlo quando affrontano il delicato tema delle malattie rare. Le risa si rompono ed in sala scende il silenzio. Il tono, che fino ad allora è stato incalzante, si attenua ed i volti si contraggono. Un cambio di registro che mette in luce tutta la versatilità delle due interpreti.
Si esce dalla sala con il sorriso, pensando che le frasi buffe e a tratti surreali che abbiamo sentito durante lo spettacolo sono forse più familiari di quello che sembrano. Le abbiamo sentite da un nonno, un genitore, un figlio… probabilmente qualcuno di noi le ha addirittura pronunciate ma non ha il coraggio di ammetterlo. Quel che è certo è che dalla sala si esce più umani e con più voglia di ridere perché ridere dà coraggio nella vita, ma soprattutto nella malattia.
Per quanto riguarda la scenografia va sottolineata una sobrietà funzionale che va a bilanciare la brillantezza del recitato. Buona la scelta delle luci, che a differenza di quelle che si trovano in ospedale, qui sono calde. Se proprio si deve trovare un punto debole a questo spettacolo, il riferimento va alle musiche, non tanto per la scelta dei brani quanto per la qualità del montaggio.