Ubu Roi di Alfred Jarry, rappresentato per la prima volta nel 1896, continua a essere un testo di critica sociale e attualità. Infatti, se il superamento delle convenzioni teatrali, una lezione che proprio Jarry ha insegnato alle avanguardie, è ormai assimilata, Ubu rimane per i temi trattati una fonte di continua ispirazione e uno strumento per indagare il contemporaneo.
La scena si apre su una compagnia di uomini intenti a cuocere salsicce su una piastra rovente, un’immagine da giardino zen: bianca, pulita e perfetta. Ognuno ha la propria canna da pesca a cui è legata una salsiccia. La salsiccia sfrigola e questo è l’unico rumore che lo spettatore percepisce. Una scena immobile e inquietante.
Ed è proprio in questa immobilità che si insinua il germe della cupidigia che porterà alla dissoluzione. Madre Ubu istiga Padre Ubu all’ingordigia, all’assassinio, alla prepotenza: lo convince ad uccidere il re Venceslao e a prenderne la corona. Madre Ubu diventa una sorta di Lady Macbeth senza ritegni, che innesca il meccanismo della tragedia delle miserie umane, del trionfo della brutalità e della paura, che sporcheranno la scena di numerosi colori, ma soprattutto del rosso del sangue versato.
Latini mette in scena Ubu Roi, ma attinge a piene mani dal repertorio shakespeariano, smascherando programmaticamente le fonti di Jarry. Queste intersezioni sono come lenti di ingrandimento sui personaggi, che per lo spettatore diventano, da una parte più umani, dall’altra più riconoscibili. Così questo Ubu diventa una sorta di metatesto di cui conosciamo a fondo i protagonisti: basta l’avvio di una battuta per ricordarci le torbide atmosfere del Giulio Cesare, un teschio per alludere ai dilemmi del principe di Danimarca. E se Romeo e Giulietta sono due orsi e la loro morte viene ripetuta come in un video game, rimane comunque tragica e piena di significato.
Uno spettacolo densissimo e carico di citazioni alte e basse, da Hokusai al Signore degli anelli, da Collodi a Odissea nello spazio. Le immagini si susseguono tanto belle da lasciare senza fiato, costruite scena per scena da attori tutti all’altezza e da musiche evocative e perfette.
http://www.youtube.com/watch?v=5tfMNBOEfi8
Piccolo Teatro Studio Melato
dal 9 al 13 ottobre 2013
Ubu Roi
di Alfred Jarry
adattamento e regia Roberto Latini
musiche e suoni Gianluca Misiti, scena Luca Baldini
costumi Marion D’Amburgo, luci Max Mugnai
con Roberto Latini
e con Savino Paparella, Ciro Masella, Sebastian Barbalan, Marco Jackson Vergani, Lorenzo Berti, Simone Perinelli, Fabio Bellitti
produzione Fortebraccio Teatro
un progetto realizzato con la collaborazione del Teatro Metastasio Stabile della Toscana