Pesaro Teatro Rossini
(24 ottobre 2013)
La commedia lirica in tre atti scritta da Arrigo Boito e musicata da Giuseppe Verdi è tratta dalla commedia shakespeariana The merry Wives of Windsor. In occasione del bicentenario della nascita di Verdi, tre Conservatori di Musica, il Maderna di Cesena, il Frescobaldi di Ferrara e il Rossini di Pesaro, hanno unito le loro forze per un progetto di tutto rispetto, l’allestimento di Falstaff, da rappresentare al Teatro Bonci di Cesena, al Teatro Rossini di Pesaro, al Teatro Comunale di Ferrara.
Il cast era formato in gran parte da giovani cantanti usciti dal concorso internazionale “Primo palcoscenico”, col supporto di un artista in carriera, il tenore
Enrico Giovagnoli nel ruolo amoroso di Fenton, e di una star della lirica, il baritono Paolo Coni nel ruolo di Falstaff, che ha anche tenuto un master specifico per la preparazione dei cantanti scelti (Paolo Coni è docente di canto al Conservatorio di Ferrara).
Scelta migliore per il title rôle non poteva essere fatta. La più bella voce di baritono verdiano, ampia, estesissima e timbrata, si è librata su una linea di canto morbida sempre sul fiato in ogni registro, compreso il falsetto, su fiati lunghissimi, formidabili messe di voce, sonorità piene e ben proiettate, il cantante con eccellente modo di porgere ha curato il fraseggio, come caratterista, ironico e non triviale (Quand’ero paggio), ha intriso la parola scenica d’eleganza e di humour inglese, perché questo Falstaff non è un vecchio babbione con smanie di sesso, ma un uomo che sa il fatto suo, che bada ai suoi interessi (legge e usa la macchina da scrivere tra una trincata e l’altra) e che ogni tanto ama sbizzarrirsi con qualche comare accondiscendente. Anche fisicamente questo Falstaff non è da buttare, ha la sua bella pancia, è vero, che muove a comando, ma è leggero nei movimenti, ha l’occhietto furbo e mobile sotto una capigliatura bianca da genio schizzato (tipo Einstein) e la piega ironica della bocca tra due baffoni bianchi e una bella barba bianca curata. Quasi seducente. Bravissimo cantante, dunque, e magnifico attore per un’autorevolezza innata e per padronanza del palcoscenico. Ero in prima fila.
Enrico Giovagnoli, Fenton con giubbotto di pelle e occhiali da motociclista, ha le physique de l’amoureux e una vocalità tenorile di bel timbro che s’illumina nel registro acuto.
Kato Fumiyuki (Fontana, alias Ford) ha una bella voce di baritono robusta ed estesa, canta bene ed ha una gestualità caricata ma con garbo.
Viktor Mickovski, bravo tenore acuto dal timbro deciso, presenta un isterico Cajus che saltella ad ogni acuto, Pistola è Massimo Rotundo, un baritono con bella voce, Luca Narcisi è un bravo tenore nelle vesti di un paffuto e rubicondo Bardolfo.
Tra i personaggi femminili, che cantano quasi sempre insieme, emergono la freschezza di Nannetta (Yao Bo Hui, soprano melodioso, che usa con buona tecnica una voce di bel timbro dal suono sicuro e lunghi filati sostenuti) e la scaltrezza di Alice (Maria Giovanna Michelini, soprano con bella pasta vocale, dal suono pulito e sonoro, corretto modo di porgere e di cantare con brio).
Meg non ha una gran parte e il mezzosoprano Serena Dominici si barcamena, Quickly richiederebbe maggior peso vocale rispetto a quello del mezzosoprano Gloria Petrini, che comunque ha un bel timbro e un suono rotondo, talvolta chiuso fino a compromettere la dizione.
Questo progetto interregionale ha coinvolto la scuola di scenografia per il melodramma dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, sede di Cesena, e il corso tecnico dell’abbigliamento e della moda dell’IPSIA “U. Comandini” di Cesena, quindi un vero stage di formazione artistica. Ne è uscito uno spettacolo fresco, vivace, con quelle pruderies compresse, come succedeva negli anni cinquanta, periodo testimoniato dai costumi, dalle pettinature delle donne, dalla carta da parati sulle pareti degli interni, dalla presenza costante di un vecchio televisore acceso, che manda in onda film d’epoca in bianco e nero (davanti ad una scena d’amore di Clark Gable e Vivien Leigh Nannetta si scioglie in lacrime). Presenza di trovarobato in casa di Falstaff, poetica e suggestiva la scena del bosco con proiezioni. Splendida la regia di Gabriella Medetti e Simone Toni, c’è anche un getto d’acqua che schizza dietro quando il cesto dei panni sporchi cade nel fiume e alla fine tutti seduti sull’orlo del palcoscenico.
Mario Benzi ha diretto l’orchestra e il coro (68 strumentisti, 40 coristi) dei tre conservatori con grande competenza. Maestri del coro: Gianfranco Placci, Aldo Cicconofri, Paola Urbinati.
Uno spettacolo da far girare anche per le scuole.