Monica Guerritore diventa Judy Garland nel musical biografico End of the rainbow, scritto da Peter Quilter (per l’occasione della prima in platea in teatro) che dopo il successo ottenuto a Broadway, l’incetta di Tony Awards e l’anteprima al Teatro della Pergola di Firenze, debutta al Teatro Eliseo di Roma (in scena fino al 15 dicembre). Ed è un debutto in grande stile che richiama il glamour della diva sul viale del tramonto fin dalla classica entrata hollywoodiana con Monica Guerritore-Judy Garland e il giovane amante che scendono dalla Rolls davanti al teatro e calcano il red carpet fra gli applausi del pubblico e i flash dei fotografi. Diretto da Juan Diego Puerta Lopez, il musical biografico racconta sei settimane degli ultimi mesi di vita della ex bambina prodigio di Hollywood, impegnata nell’ultima tournée londinese, nel 1968: a 46 anni, con cinque mariti e cinque divorzi alle spalle, dipendenze irrisolte da alcool, psicofarmaci e droga, la Garland ormai è una diva in declino, oberata dai debiti che decide di tornare alla ribalta come cantante. Nonostante tutto Judy si sente ancora una diva che forse non accetta di essere semplicemente una donna. È capricciosa, inquieta, irrequieta, egocentrica e del tutto irrisolta, incapace di portare a termine i suoi concerti. La diva (come si evince fin dall’entrata plateale anticipata da innumerevoli quanto inutili bagagli, pieni di asciugamani, solo per salvare le apparenze) si muove fra gli spazi della lussuosa suite dell’Hotel Ritz Carlton, fra stucchi e quadri (le scene sono di Giancarlo Giammello) e il palcoscenico con la band (fon troppo poco sfruttata in realtà), che suona dal vivo, ostentando sicurezza e ironia, ancorata al passato. In realtà, dietro i vestiti di broccato e pelliccia, di lustrini e paillettes (di Walter Azzini) e dietro il vistoso trucco di scena, restano tutta la fragilità di una donna bruciata dal successo e dagli eccessi di Hollywood, minata dalle insicurezze e dai fantasmi del passato che si riflettono anche nel rapporto con il giovane amante.
“Judy – dice Monica Guerritore – è innamorata pazza del suo giovane amante, è scoppiettante, folle, drammatica, stramba e tenerissima come solo una grande artista può essere ed è disperata come lo è una donna completamente sola nonostante i suoi innumerevoli amori. Tira avanti con quel che resta della sua voce e supplisce dando al pubblico la sua anima. La sua vita è la scena e lì canterà e morirà tra lustrini e paillettes”.
Lo spettacolo può dividersi nettamente in due parti, complementari, ma molto diverse fra loro: se la prima parte descrive la diva, fra memorie e ricordi e il rapporto con l’amante, il registro della seconda parte diventa più drammatico quando vengono fuori tutte infinite debolezze della diva, l’irrequietezza, l’incapacità di portare a termine un concerto, la dipendenza da alcol e droga di cui non riuscirà mai a liberarsi e la sostanziale, terribile solitudine di una donna abbandonata a sé stessa. Monica Guerritore-Judy Garland, che si misura in scena anche come cantante, resta la vera protagonista della pièce (che divento Oriana Fallaci o Giovanna D’Arco è sempre mimetica), coadiuvata dal pianista e amico Anthony (Aldo Gentileschi), e dal nuovo giovane amante Mickey Deans (Alessandro Riceci), fino a trasformare il palco in una vera e propria sala da concerto. Canta, coinvolge il pubblico, lo intrattiene, scende in platea, fino a quell’ultimo concerto e fino alla fine, quando abito rosso di pizzo e piume di struzzo, si accascia in terra sulle note di una straziante Over the rainbow simbolo non solo del successo, ma anche della lenta e inesorabile morte di una stella.
In scena fino al 15 dicembre al Teatro Eliseo di Roma.