Dal 26 novembre fino al 1° dicembre sul palcoscenico della Pergola va in scena l’allegria con la complicità di Pierfrancesco Favino e dell’affiatatissimo cast della pièce “Servo per due”.
Lo spettacolo, rappresentato in prima nazionale a Firenze, è una rivisitazione di “One man, Two Guvnors” del commediografo britannico Richard Bean, testo liberamente ispirato a “Il servitore di due padroni” di Carlo Goldoni.
La regia di Pierfrancesco Favino e di Paolo Sassanelli rispetta fedelmente l’etichetta di “commedia giocosa” che il celebre drammaturgo veneto volle attribuire alla sua opera.
Difficile l’impresa di descrivere le due ore e quarantacinque di facezie, doppi sensi, salti e capriole che si susseguono incessantemente sul palco, scatenando fragorose risate dei presenti in sala: è questo uno spettacolo a cui si deve assistere per lasciarsi travolgere da una contagiosa comicità.
Non c’è distacco tra gli attori ed il pubblico, nessuna barriera si frappone, ma una costante interazione e continue incursioni in platea di Favino tengono desta l’attenzione e riprendono la tradizione della stand-up comedy di matrice britannica.
Pienamente realizzate le aspirazioni di Sassanelli, per cui il teatro costituisce un “mezzo necessario e piacevole per la vita delle persone”, in una pièce in cui lo spettatore si sente parte integrante del processo creativo, del prodursi stesso di una irrefrenabile comicità.
Pierfrancesco Favino è Pippo, il Truffaldino di Goldoni, uomo sciocco e scaltro nello stesso tempo che, per placare una fame che diviene di ora in ora sempre più intollerabile, si pone contemporaneamente a servizio di due padroni.
L’ambientazione prescelta non è quella della Venezia di metà Settecento ma le spassose vicende si svolgono a Rimini nel 1936, in piena dittatura fascista.
Uno dei datori di lavoro di Pippo è Rachele Malerba che, dopo aver assunto l’aspetto del gemello Rocco, ucciso a Torino dal suo fidanzato Ludovico, reclama la dote e la mano della giovane e ingenua Clarice, promessa sposa del fratello da lungo tempo.
Neppure il fido servitore sa che il padrone cela sotto un travestimento maschile la sua vera identità e ignora le motivazioni più profonde del suo agire.
Rachele è infatti alla ricerca di denaro per architettare la fuga in Calabria con il fidanzato Ludovico, sulle cui tracce si è messa la polizia.
L’omicida, rifugiatosi nella ridente cittadina romagnola in attesa della donna amata, assume alle proprie dipendenze Pippo che gli fa credere di essere privo di un padrone.
Anche l’orchestra di Grosseto “Musica da Ripostiglio”, che intrattiene il pubblico con un vasto repertorio in grado di far rivivere i magici anni trenta della canzone italiana, si lascia coinvolgere dalla generale atmosfera di brio.
Tanti gli equivoci e le trovate comiche che nascono dalla difficoltà di Pippo di condurre a compimento gli innumerevoli incarichi che gli provengono da due padroni che, pur senza mai incrociarsi, sono addirittura ospiti del medesimo alloggio.
E proprio quando la messinscena del servitore si fa insostenibile e rischia di provocare persino il suicidio dei due amanti Rachele e Ludovico, prodigiosamente la verità viene svelata ed un triplice lieto fine è assicurato.
Divertente l’interpretazione di Ugo Dighero nel ruolo di un anziano e impacciatissimo cameriere.
Coglie Favino l’essenza stessa del teatro quale “ bisogno veramente rituale, antico di condividere qualcosa tra chi guarda e chi decide di essere guardato proprio in quel momento” e, a giudicare dalle reazioni del pubblico, conquistato dai suoi lazzi, pare proprio aver raggiunto l’obiettivo prefissatosi.