Riprende il 20 novembre la seconda settimana di Zoom Festival con due debutti nazionali al Teatro Studio di Scandicci (FI).
Alle ore 21.00 va in scena Il retro dei giorni dei romani Clinica mammut, regia di Salvo Lombardo, testo di Alessandra Di Lernia, che vede la partecipazione in voce e in video della grande interprete Carla Tatò, musa dell’avanguardia nazionale. L’attrice sarà presente alla prima come spettatrice, insieme al regista Carlo Quartucci, compagno e cofondatore della storica Zattera di Babele.
Alle ore 22.30 debutto assoluto del gruppo fiorentino Collaborazioni Anonime che allestisce M3DUSA – (Quale immagine avremmo di noi stessi in un mondo senza specchi?), interpretato da Laura Bandelloni e Alessio Martinoli, regia di Massimo Bevilacqua.
Il retro dei giorni, menzione speciale della giuria al Premio Tuttoteatro.com Dante Cappelletti 2012, è il secondo capitolo della trilogia Memento mori – icone della fine – che vuole soffermarsi sul dettaglio di alcune criticità, crinali sul cui bordo delle esistenze si trovano a permanere. Tela di fondo, l’epoca di stallo di una crisi che è economica, ma anche e soprattutto di significato. Il punto di vista è quello di due figure, Fratello e Sorella, interpretati da Salvo Lombardo e Alessandra Di Lernia, che guardano la soglia anagrafica tra la vecchiaia e la morte dei propri genitori e sovrappongono preoccupazioni personali a domande balbettate sul proprio tempo, cercando di rintracciare responsabilità – anche sociali, anche politiche, anche infine di processi storici, tra le crepe che intanto si aprono in un clima di fine epocale.
Nella Bibbia, Daniele definisce il concetto di fine dei tempi come il retro dei giorni.
In questa visione il retro non ha solo una connotazione spaziale, bensì temporale. Il retro è una tensione verso. Uno svelamento.
Queste le domande degli artisti della compagnia “Ma quando si sarà compiuta l’apocalisse latente del tempo in cui viviamo? Quando si finisce di finire? Una fine prolungata è ancora una fine? Cosa eravamo ieri. Cosa siamo. Ieri. Questo ieri, oggi, è finito? Se il tempo della fine è il tempo del finire, e dunque il finire come durata, e se, come dice Kant, nella fine di tutte le cose, tale fine è l’inizio di una durata ulteriore non soggetta a condizioni temporali bensì morali, allora che fare? Come agire? Da dove ri-cominciare?
Oggi, consumate tutte le grandi narrazioni, quale preghiera? Quale fede abbracciare in un tempo che fa i conti con un passato ancora prossimo e con un pensiero che in più casi continuiamo a definire post? Quale l’occasione per un cambiamento?”
In questo spasmo di ricerca di senso si continua a procedere ma contemplando il passato, proprio come l’angelo della storia di Benjamin, nell’impossibilità di ritornarvi per ricomporlo perché una forza ci spinge in direzione opposta, una direzione che ci è però velata. Solo in quel futuro, forse, saremo in grado di ricomporre un senso delle cose; e proprio come in una rivelazione, di scorgere ciò che adesso non ci è dato sapere, di vedere il retro dei giorni.
ideazione e regia Massimo Bevilacqua
scritto da Laura Bandelloni, Massimo Bevilacqua, Alessio Martinoli
con Laura Bandelloni e Alessio Martinoli
video Giulia Broggi
L’immagine di Medusa è una delle prime raffigurazioni che l’arte sia riuscita a produrre ai nostri occhi e, ancora oggi, continua ad assillare l’immaginario dell’artista contemporaneo. Medusa e la sua ambiguità, allo stesso tempo simbolo di terrore e arma di difesa, ritorna nella Storia durante le crisi, il disagio, lo smarrimento, l’incertezza dell’uomo di fronte alla messa in discussione di sè stesso. Perseo davanti alla gorgone si mette in discussione, si rivolge all’indietro, si ravvede, si induce a riflettere, interrompendo il flusso lineare del pensiero che non è più delucidazione di cio che avverrà, “avanguardia”, innovazione, bensì reiterazione deformata, ripetizione coatta e mortifera.
Medusa offre allo spettatore e alla nostra riflessione un nucleo variegato di tematiche: dal rapporto col mito e coi simboli alla demonizzazione delle paure, al fascino dell’irrappresentabile fino a toccare il rapporto tra i sessi. Medusa entra in teatro non più per pietrifcare e uccidere con il suo sguardo, ma per immortalare, per fermare e sospendere, come in una sequela di istantanee, le indicibili verità che la cecità del vivere non riesce a cogliere.
Ed è proprio su questa riflessione reiterata sul paradigma del quotidiano, diventato Mito, che prende corpo il progetto. Il racconto del mito si rivela in un susseguirsi di inizi e di tentativi di sviluppo, ogni volta castrato, interrotto dagli interrogativi che ne scaturiscono: Perchè Medusa pietrifica con lo sguardo? Perchè Perseo uccide Medusa? Perchè le taglia la testa? Perchè porta con sè la sua testa? Perchè lo sguardo di Medusa non ha lo stesso effetto se riflesso in uno specchio? Cosa ha pensato Medusa nell’attimo prima che le venisse tagliata la testa? Quali parole o pensiero hanno preceduto la decapitazione? Cos’è il mito? Chi è Perseo? Chi è Medusa? Chi sono oggi Perseo e Medusa? Esisterebbe Perseo senza Medusa e viceversa?
In scena due storie parallele che si sviluppano separatamente, a tratti intrecciandosi, ma più spesso contrastandosi vicendevolmente. Si delineano due destini opposti, quasi stridenti e paradossalmente indissolubilmente legati. È l’armonia dei contrari che non sono altro che facce opposte di una medesima realtà. Il divenire del loro universo, con i suoi contrasti e le sue incoerenti contraddizioni, attraverso il “logos” trovano l’intrinseca armonia fra di loro. Tutta la realtà vive di contrasti necessari alla vita e di illusioni che falsano la percezione delle connessioni che intercorrono tra le vicende che ne scandiscono il decorso.
Biglietti 7.00 euro; 12.00 euro due spettacoli la stessa sera
Teatro Studio – Via G.Donizetti, 58 Scandicci (FI)
info e prenotazioni 055 7591591 – biglietteria@teatrostudiokrypton.it – www.teatrostudiokrypton.it