Quando nel 1670 Molière scrisse Le Bourgeois gentilhomme probabilmente non immaginava che secoli dopo un gruppo di giovani artisti toscani lo avrebbe reinterpretato in chiave tanto particolare. Quel che è certo è che il drammaturgo francese lo propose a Luigi XIV come divertimento di Corte, mettendo in scena una rappresentazione satirica della società del suo tempo.
La compagnia KanterStrasse si prefigge il medesimo obbiettivo e partendo dal testo originale di Molière ne regala una riduzione inedita ed originale curata da Matilde D’Accardi, per la regia di Francesco Manetti con la collaborazione di Simone Martini.
La storia è quella di Monsieur Jourdain, un borghese che sogna di diventare nobile. Fin qui niente di strano, se non fosse per il fatto che il raggiungimento di tale obiettivo diventa per lui un’ossessione che porta scompiglio nella sua esistenza, ma ancor più in quella di chi lo circonda, come la moglie e la figlia. Un vivido intreccio di situazioni che mette in scena il dramma di un uomo che per elevarsi socialmente, seguendo il suo sogno di fama, rinnega le proprie origini e senza accorgersene si fa raggirare da una schiera di adulatori che in realtà vuole solo il suo denaro. Al borghese gentiluomo che vive tra ambizione e cecità, si accompagna una nobiltà opportunista e corrotta, a tratti spietata, che viene resa con ironia e freschezza.
Gli interpreti regalano scene di pura comicità, riuscendo ciascuno a dar dimostrazione del proprio talento artistico. Esilarante l’interpretazione dei maestri delle arti di cui il borghese si circonda nel disperato tentativo di ‘nobilitarsi’. In queste scene rivive la comicità dissacrante di Molière e la società seicentesca che il drammaturgo ha saputo dipingere con minuziosa precisione. Ma ogni epoca ha il suo borghese gentiluomo, ecco dunque che la compagnia KanterStrasse va oltre, portando in scena una storia attuale, senza tempo. La storia di un uomo che simboleggia la natura umana nella sua universale ed insita esigenza di elevarsi, di non fermarsi, di non accontentarsi. Una natura umana che brama un mondo lontano in cui spesso dietro a ‘parrucche e ozio’ si nascondono lati oscuri ed insidie. Una sete di progresso che scatena bufere, finendo col travolgere chiunque.
Il Borghese gentiluomo è dunque uno spettacolo denso, con un repentino cambio di scene e situazioni che spingono lo spettatore a seguire con attenzione lo scorrere incessante degli eventi. Nonostante questo c’è da dire che alcune scene, per la verità pochissime, si dilungano eccessivamente rallentando il ritmo della narrazione, rischiando così di far calare l’attenzione del pubblico. Questo è l’unico neo di uno spettacolo dinamico nel quale gli interpreti riescono a restituire con vivacità i caratteri dei personaggi, esasperandone vizi, difetti e manie. Divertente e funzionale l’accompagnamento musicale, con frammenti di Pink Floyd, Decibel e Battiato che si inseriscono al momento giusto a sostegno della narrazione. La scenografia è in continuo sviluppo. Sono gli stessi attori che di volta in volta arricchiscono la scena. Lo fanno con semplicità, senza mai rinunciare all’efficacia comunicativa. Di una bellezza ricercata la tavola imbandita con tutti i personaggi seduti. Un giusto riconoscimento all’attenzione ai dettagli che in questo spettacolo sembra proprio non mancare. Molto interessante risulta poi il finale. Dopo essersi mossi da una parte all’altra del palcoscenico, infatti, gli attori si schierano di fronte al pubblico ed immobili tornano al testo di Molière. Un finale asciutto, privo di sfarzi, ma d’impatto. Capace di scuotere il pubblico quasi più del caos che fino a pochi istanti prima ha invaso la scena.