(s)concerto scenico tra Scapigliatura e Belle Époque
Testi: U.I. Tarchetti, E. Praga, G.Camerana, L. Gualdo, G.P. Lucini, R. Novatore
In scena: Paul Spaziani (voce) e Giuseppe Della Ragione (musica)
Regia: Letizia Corsini
Poeti italiani, raminghi e a disagio nel nascente triangolo industriale Genova-Torino-Milano, lascitari della poesia simbolista francese e del decadentismo europeo elaborano marginalmente una sorta di stilnovismo delle tenebre. Esemplare e unificante è solo questo disagio, dal magistrato scapigliato Camerana che non pubblicò mai le sue poesie perché inconciliabili con la sua immagine pubblica e morì suicida (per una femme fatale russa?), fino all’anarchico autodidatta Novatore che divenne poi hold-upper e venne ucciso a Genova dai carabinieri. Ma non è un hommage à o una peregrinazione accademica tra i dimenticati delle lettere italiane: i soliti elementi di un rito che ci è caro, il petrarchismo dark e velenoso, avvolti umoristicamente in un trovarobato vintage vaghissimamente glam-rock per un teatro derisoriamente cerimoniale (ma cerimonialmente insolente). Ma la storia antiquaria irrisa da Nietzsche è solo un oggetto di transizione o un provocatore ottico (auditivo, psichico?) à la Max Ernst, qualcosa per rimarcare ancora di più come qui tutto sia artificiale, out of order, ritrovato e improbabile e il giocattolo storicistico sia solo una soglia che conduce a quell’intensità immemoriale che è l’obliato da sempre, un’immediatezza magica che rende estranei per sempre a tutte le Storie.