È risaputo che per una coppia sposata la presenza di un suocero in casa possa essere un vero e proprio problema. Se poi la coppia è giovane e il suocero è burbero e invadente, pronto a difendere il figlio disoccupato e nullafacente e ad attaccare il genero per un nonnulla, allora le cose sono destinate a precipitare. Equivoci, incomprensioni, litigi con conseguenze tragicomiche sono dietro l’angolo ed è più o meno quanto accade in Un suocero in casa (…ma c’è papà!) commedia di Peppino e Titina De Filippo che Luigi De Filippo porta in scena al Teatro Parioli di Roma (fino al 19 gennaio) in sentito omaggio proprio alla zia Titina, artista a tutto tondo, autrice, attrice (superba Filumena Marturano), musicista e pittrice, di cui ricorre quest’anno il cinquantesimo anniversario della scomparsa avvenuta il 26 dicembre 1963.
“A mia zia Titina sono legato non solo da un profondo affetto ma anche da gratitudine – dice Luigi De Filippo – è stata la mia maestra di pianoforte e mi ha insegnato ad amare la musica. Lei suonava benissimo il piano e m’insegnò a comprendere che anche recitare in palcoscenico è musica, è armonia, è ritmo, è concerto. Quando tutte queste qualità si uniscono e si manifestano nel recitare, l’Arte, la vera Arte scenica si compie”.
Un suocero in casa affronta con brio e divertimento le più classiche delle situazioni del teatro napoletano analizzando con umorismo, ma con grande verità e umanità i rapporti fra marito e moglie e fra i membri della famiglia, che nonostante tutto, dopo incomprensioni e litigi è destinata a ricostituirsi in un finale ottimista e carico di speranza.
Protagonista quasi assoluto della vicenda è Luigi De Filippo che interpreta il burbero Federico, per necessità economiche costretto a vivere con la figlia Giovannina, sposata con Stefanino (Riccardo Feola), professione ragioniere che mantiene tutta la famiglia.
I litigi in casa sono all’ordine del giorno anche perché Federico sminuisce continuamente la figura del genero (un po’ pedante per la verità, ma sostanzialmente buono e innamorato della moglie) marcandolo come fallito di fronte a chiunque. Il genero, precisino ed esigente nei confronti della dimessa moglie, esasperato dalla situazione (e dalla convivenza) decide di abbandonare la famiglia e di trasferirsi in una pensione.
La commedia, una delle migliori del Teatro umoristico dei fratelli De Filippo che debuttò con successo nel 1935 al Teatro Politeama di Napoli, è spassosa e molto ironica, e non solo grazie a Luigi De Filippo che regala un’interpretazione mirabile di Don Federico, suocero di assoluta invadenza e prepotenza, ma di straordinaria umanità, ma anche grazie alle dinamiche intrinseche del testo e all’evidente contrasto fra i diversi personaggi (straordinaria la Donna Amalia di Stefania Ventura, proprietaria della pensione ossessionata dall’ordine) che sembrano partire dalla macchietta per diventare concreti esempi di varietà umana.
Una commedia che galoppa naturalmente verso l’inevitabile lieto fine e che fra litigi e incomprensioni mostra quanto possano essere difficili i rapporti in famiglia attraverso le straordinarie potenzialità del teatro napoletano.
In scena fino al 19 gennaio al Teatro Parioli Peppino De Filippo di Roma.