Filippo Timi torna al Teatro della Pergola con la riscrittura del celebre classico “Il Don Giovanni”. Pur mantenendo l’intreccio ed i personaggi dell’opera di Mozart, lo spettacolo è totalmente riscritto. Timi, infatti, porta in scena un uomo contemporaneo. Un Don Giovanni che fa uso di eroina, beve spritz e legge la gazzetta dello sport. Tuttavia, come nel testo originale, anche in questo caso il rapporto con l’universo femminile è il motore trainante della storia. Il Don Giovanni seduce, non potrebbe fare altrimenti. Ma le donne sembrano essere diventate più un’ossessione che una passione. Ne desidera sempre di nuove e per averle si affida alle sue doti di conquistatore, finendo per abbandonarle tutte a causa di una perenne insoddisfazione.
Sfrontato e violento, il Don Giovanni di Timi assume le sembianze di un demone. Inganna senza farsi scrupoli. “Tutto è istinto e guerra”, dice. Questo legittima ogni suo comportamento. Non conosce diritti. Si fa largo nella vita attraverso l’abuso, animato da un moto impetuoso che pare volto a saziare la sua sete di vita, ma che ogni volta invece di placarsi si rinnova più assetato che mai. Del resto nascere Don Giovanni significa irrimediabilmente interpretarsi, recitare un ruolo, una vita. Non lo ha chiesto, ci si è ritrovato attore, teatrante. La vita stessa ha abusato di lui, mettendolo al mondo Don Giovanni. Così, a sua volta, lui fa dell’abuso il suo modo di stare al mondo.
Donna Elvira è il passato, la conquista difficile, l’amore vero. Donna Anna è l’amore ingannatore, violento. Zerlina è l’improvvisazione, l’amore invidioso, la voglia di portare via la donna al marito. Il Don Giovanni le conquista con seduzione, violenza e inganno. Si rinnova ogni volta, pur rimanendo se stesso fino alla fine. Neppure quando guarda in faccia la morte si pente del suo operato, ma resta coerente con le sue scelte perché nel suo essere uomo e Mito allo stesso tempo non può fare altrimenti. “È la parte più estrema in lui che lo costringe ad andare all’Inferno ed è anche quello che lo rende affascinante”, afferma lo stesso Timi.
Come non essere d’accordo? Il Don Giovanni ammalia il pubblico. Timi lo interpreta alla perfezione, tanto da non capire dove finisca l’uomo ed inizi il personaggio. Ma sul palco il giovane seduttore non è solo. Egli vive tra donne e uomini mossi da timori, frustrazioni, perversioni, ma anche bisogni, aspirazioni ed ambizioni. Umberto Petranca, Alexandre Styker, Marina Rocco, Elena Lietti, Lucia Mascino, Roberto Laureri, Matteo De Blasio, Fulvio Accogli, interpretano dei personaggi ben caratterizzati che vibrano sul palco. Va loro riconosciuta una grande professionalità, fosse altro per l’abilità dimostrata nello star al passo con l’improvvisazione a cui Timi spesso li ‘costringe’.
Il Don Giovanni diventa, dunque, una condanna ad un’umanità volubile, che ha fame di potere, che ama la mistificazione e l’autoinganno. Un’umanità che, tuttavia, è guardata con sguardo ironico, dissacrante, ma non per questo meno critico. Gli attori vanno verso la platea, incontrano il pubblico. Un modo per tenere viva l’attenzione? Forse sì. Ma dato che ogni epoca ha il suo Don Giovanni è probabile che questo sia un richiamo verso qualcosa che ci riguarda tutti.
Splendidi i costumi di Fabio Zambernardi. Curati nei minimi dettagli, arricchiscono la scena, ma soprattutto rappresentano meravigliosamente la psicologia dei personaggi. Di grande impatto le luci, curate da Gigi Seccomandi. Nel tentativo di portare in scena un barocco contemporaneo, Timi da ampio spazio alla musica, mischiando generi diversi: dall’aria di Ridi, Pagliaccio ai Queen. Anche le proiezioni diventano parte integrante dello spettacolo. Ecco, dunque, che la modernità che caratterizza il testo, si riflette anche nella tecnica narrativa. Una commistione di luci, musiche e proiezioni, che amplifica l’impatto emotivo e contribuisce a coinvolgere e disorientare il pubblico.
Libertà. È questo che si respira assistendo allo spettacolo. Scelte narrative spregiudicate, innovative, e resa scenica ricca, barocca. Pur assistendo all’inevitabile condanna a cui il Don Giovanni non può sfuggire, il testo emana libertà nei dialoghi e nelle situazioni. Forse è proprio questo che si vuol trasmettere al pubblico. Un invito a sentirsi liberi di cogliere ciò che ognuno desidera.
Il Don Giovanni di Timi è senz’altro uno spettacolo che non lascia indifferenti. Sfrontato, irriverente e provocatorio, può disorientare o affascinare terribilmente. Divide il pubblico, ma quel che è certo è che Timi è audace, si mette in gioco e sperimenta. Un coraggio che merita di essere premiato.