Dopo l’inaugurale Nabucco, la Stagione Invernale del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino prosegue con Madama Butterfly tragedia giapponese in due atti di Giacomo Puccini che andrà in scena per sei recite a partire da giovedì 6 febbraio in una nuova produzione firmata dal giovane regista Fabio Ceresa.L’Orchestra e il Coro del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino saranno diretti dal maestro Juraj Valčuha che debutta per la prima volta a Firenze in un’opera italiana. Le scene sono di Giada Tiana Claudia Abiendi, i costumi di Massimo Carlotto, le luci di Pamela Cantatore e l’allestimento è del Teatro Comunale di Bologna. Guest star nelle recite del 6, 9 e 12 febbraio, sarà, nel ruolo della protagonista il soprano Fiorenza Cedolins, interprete di fama internazionale, una Butterfly ineguagliabile per pathos e tecnica vocale. Accanto a lei nel ruolo del tenente Pinkerton, che spezza il cuore della geisha bambina, il tenore Stefano Secco. L’opera presentata al Teatro alla Scala di Milano nel 1904, sotto la direzione di C.Campanini, ottenne allora un clamoroso insuccesso, ma già pochi mesi dopo trovò a Brescia la sua definitiva consacrazione popolare. Il dramma è incentrato essenzialmente sul personaggio di Butterfly: la geisha Cio-Cio-San, fragile e ingenua vittima di F.B. Pinkerton, tenente della marina americana che superficialmente infatuatosi di lei, la abbandona dopo fittizie nozze.
La Madama Butterfly in scena al teatro Comunale ribadisce le linee guida che ispirano la nuova Stagione Invernale del Teatro. Da una parte, la volontà di garantire al pubblico un alto livello musicale con la scelta, anche in questo caso, di un direttore di grandissimo prestigio come Juraj Valčuha. Dall’altra, la volontà di affidare ad uno dei ‘nomi nuovi’ della regia italiana, la messinscena di quest’ opera. Ecco dunque il compito affidato a Fabio Ceresa che vede nella Madama Butterfly “l’incontro fra due culture prima ancora che tra due persone. Cio Cio San (letteralmente “la signora farfalla”) e Pinkerton si trovano a incarnare gli opposti dello spirito e della materia, che solo accidentalmente prendono la forma di una geisha giapponese e di un ufficiale americano. L’Oceano Pacifico che divide le due civiltà è il centro nevralgico del dramma: tutta l’incisività del testo nasce dal tentativo di attraversare il mare, di legare in un unico nodo due mondi che non potrebbero essere concettualmente più lontani. Questa suggestione non rimane un concetto astratto, ma prende forma nello spazio attraverso il linguaggio della scenografia. Infatti , scenografia e costumi seguono lo stile di pulizia e rigore che pervade l’opera cercando di trovare nei personaggi una forza interpretativa che non sia confusa dal fasto della tradizione giapponese, ma che tenda all’essenzialità di ogni carattere. La volontà di fondo è raccontare il dramma senza sovrapporsi al testo, mettendo in luce le tensioni che vivono tra le pieghe della partitura”.