“Educazione siberiana”, successo editoriale di Nicolai Lilin rivive sul palco del teatro Bellini. Dopo la trasposizione cinematografica, a cura di Gabriele Salvatores, gli urka siberiani irrompono a teatro grazie all’idea degli attori Francesco Di Leva e Adriano Pantaleo. In scena interpretano i due fratelli Boris e Yuri, diretti da Giuseppe Miale di Mauro, che di questo adattamento ha curato anche la drammaturgia insieme all’autore del libro. L’ambiente che si presenta al pubblico è quello di un interno domestico, si fa subito notare un altarino al lato della scena pieno di simboli e icone. Le armi, le picche vengono venerate come oggetti di culto. Siamo in casa di “criminali onesti”, a Fiume Basso sulle rive del Bender, in piena Transnistria, regione dell’ex Unione Sovietica. In questa comunità patriarcale, retta dalla saggezza dei vecchi, si concentrano i criminali espulsi dalla Siberia. Qui non si spaccia droga, si può rubare e uccidere solo polizia, banchieri e usurai. Una dimensione etica distorta ripresa a dovere dagli insegnamenti del nonno Kuzja, interpretato da Luigi Diberti, e dalla voce fuori campo che irrompe in un didascalismo necessario alla drammaturgia. Boris e Yuri, sono due mondi opposti. Il primo è il giusto del dramma, seguirà gli insegnamenti del nonno e la tradizione dei criminali siberiani. Imparerà a fare tatuaggi secondo la tradizione siberiana, ovvero scrivere l’identità di un uomo sulla pelle. Il secondo è l’opposto, il ribelle che è anche motore drammaturgico. Il suo desiderio di “libertà” dai valori siberiani, il sogno americano (Fiume Basso dovrà avere prima o poi un McDonald’s!) lo fanno allontanare dalla famiglia, per abbracciare la via del crimine. Lo scontro tra i due, che diviene esasperato soprattutto nel finale (con Francesco Di Leva seduto su un trono rosso, simbolo del potere del dio denaro), è la trasposizione teatrale del conflitto che si sviluppa all’indomani del crollo dell’URSS. Giuseppe Miale di Mauro ci lascia solo intravedere le scene più cruente, gli scontri con la polizia, l’assassinio di Nixon (ironica e di rottura l’interpretazione del “voluto da Dio” Stefano Meglio), in una sorta di retro palco, dove si regolano i conti e si commettono assassini, (non è un caso che a fine spettacolo quel luogo avanza fino a inghiottire l’interno domestico). In questo dipanarsi di scontri spicca il modello positivo della madre, costretta a constatare il crollo dei valori familiari. Più che le massime dell’educazione siberiana (“un uomo non può possedere più di quanto il suo cuore non possa amare” o ancora “la fame viene e scompare ma la dignità una volta persa non torna mai più”), più che al conflitto tra questa educazione e la voglia di “America”, allo spettatore resta l’esasperazione dello scontro, le coltellate, le frustate e gli spari, passaggi accentuati dalle musiche e dai movimenti scenici.
di Nicolai Lilin e Giuseppe Miale di Mauro
da un’idea di Francesco Di Leva e Adriano Pantaleo
con Luigi Diberti
e con
Elsa Bossi, Ivan Castiglione, Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino,
Stefano Meglio, Adriano Pantaleo, Andrea Vellotti
regia Giuseppe Miale di Mauro
scene Carmine Guarino
luci Luigi Biondi
musiche Francesco Forni
costumi Giovanna Napolitano
cura del movimento Roberto Aldorasi
Fondazione del Teatro Stabile di Torino/Teatro Metastasio Stabile della Toscana/Emilia Romagna Teatro Fondazione in collaborazione con NestT (Napoli est Teatro)
Lo spettacolo è tratto da Educazione siberiana di Nicolai Lilin
(Giulio Einaudi Editore, prima edizione Supercoralli 2009)
Personaggi e Interpreti
Luigi Diberti – Nonno Kuzja
e in ordine alfabetico
Elsa Bossi – la madre
Ivan Castiglione – lo sbirro
Francesco Di Leva – Yuri
Giuseppe Gaudino – Mel
Stefano Meglio – Nixon, Kesja
Adriano Pantaleo – Boris
Andrea Vellotti – Igor, sbirro
Info: www.teatrobellini.it