E’ proprio vero, il troppo stroppia. Il Don Giovanni di Filippo Timi è “troppo”, strabordante, ripetitivo,ipertrofico nel male e nel bene. Se stiamo alle ovazioni da stadio degli spettatori dovremmo parlare di grandissimo successo , ma è un successo fuori misura, eccessivo, drogato dalla strepitosa perfino ingombrante presenza in scena di Timi. La non modica quantità di volgarità sembra entusiasmare il pubblico oltre ogni ragionevole misura. Ragazze che strillano come oche alla ruffiana (mancata) esibizione della nudità del coraggioso Filippo. L’istrionico, sfrontato bravissimo Timi ama dissacrare i miti, quindi prende fra le mani l’opera diTirso de Molina e di Molière e la rilegge con gli occhiali deformanti dell’ironia, la smonta e la rimonta in chiave farsesca e surreale. Contamina i generi mettendo nel frullatore commedia dell’arte, immaginario multimediale, video da youtube, una buona dose di demenzialità, musica, canto e quel che vien fuori è un gustoso melting pot. (per la verità un po’ troppo allungato). Timi è uno stregone affetto da solipsismo che, anche ricorrendo a inutili numeri da avanspettacolo, riesce a sollecitare la pancia degli spettatori che sinceramente si divertono e applaudono. Questo don Giovanni è il frutto molto pop/ kitsch di un’intelligente provocazione. L’interpretazione è molto affidata al linguaggio del corpo, al canto, alla musica, alle maschere grottesche e agli appariscenti costumi clowneschi disegnati da Fabio Zambernardi.FilippoTimi gioca col testo, ne esalta l’aspetto erotico così come Don Giovanni gioca l’arma della seduzione per far cadere nella sua rete le belle dame che incontra e ricerca l’equazione dell’amore, quindi della vita, nel paranoico impulso libertino. La sua è una vera ossessione per il potere, il suo appagamento si nutre della conquista più che degli sviluppi sessuali ché anzi (nel gioco) lo riportano ogni volta alla casella di partenza. Nel suo parossistico andare e venire, questo irrefrenabile narcisismo, segnerà la sua fine.L’impenitente libertino ateo e iconoclasta ha un pessimo rapporto col padre e col trascendente. In fondo Don Giovanni è un essere tormentato dal senso di colpa e da una fondamentale infelicità. Oltre al Mattatore giocano in scena con grande capacità attorale Umberto Petranca, Alexandre Styker, Marina Rocco, Elena Lietti, Lucia Mascino, Roberto Laureri, Matteo De Blasio, Fulvio Accogli. Lascenografia semplice e funzionale con il pavimento luminoso e le quinte girevoli sono disegnate dall’uno e trino Filippo Timi che, oltre al testo, cura anche la regia con l’assistenza del bravo Fabio Cherstich (regista de“l’Inquilino” in scena in questi giorni sempre al teatro Parenti). Gigi Saccomandi è il “maestro” delle luci mentre Beppe Pellicciari cura la colonna sonora con coraggiosi accostamenti (dalla lirica al pop, da Celentano ai Queen). Produzione del Teatro Franco Parenti e del Teatro stabile dell’Umbria