uno spettacolo di PIPPO DELBONO
con Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Bobò, Margherita Clemente, Pippo Delbono, Ilaria Distante, Simone Goggiano,
Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Pepe Robledo, Grazia Spinella
immagini e film Pippo Delbono
luci Robert John Resteghini
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro di Roma, Nuova Scena-Arena del Sole-Teatro Stabile di Bologna, Théâtre du Rond Point-Parigi, Maison de la Culture d’Amiens-Centre de Création et de Production
“L’orchidea è il fiore più bello ma anche il più malvagio, mi diceva una mia amica, perchè non riconosci quello che è vero da quello che è finto”.
Una semplice frase che racchiude la complessità dello spettacolo di Pippo Delbono, “Orchidee”, che proprio come il misterioso, ma bellissimo, fiore, cerca di estirpare il fascino di un’umanità ormai persa nella confusione del mondo.
Da William Shakespeare a Jack Kerouac, dai Deep Purple a Enzo Avitabile, il teatro si riempie di citazioni letterarie e musicali, accompagnate dalle immagini dei film dello stesso Pippo Delbono, proiettati come sfondo della scena. Una scena completamente vuota, un po’ come il nostro mondo, ma piena di contraddizioni, che vengono scaraventate sul palco e rivelate dagli attori che con gesti, contatti fisici e racconti personali, coinvolgono direttamente il pubblico nello smontare piano piano tutti gli aspetti più controversi di questo tempo che stiamo vivendo e vedendo scorrere, quasi impotenti.
Quasi però, perchè questo smarrimento può essere fermato con l’amore, con l’arte, con una rivoluzione che diventa però tutta interiore.
Questo è uno spettacolo che non ha la pretesa di dare una soluzione, ma ancor meglio concede il privilegio allo spettatore di essere catapultato e poi guidato dal regista, che, come un maestro d’orchestra anima un flusso continuo di mondi diversi, fatti di immagini, suoni, movimenti e oggetti.
Il teatro diventa l’essenza della proiezione del vero e dell’umano, della bellezza sincera e di un amore senza dogmi, mentre il cinema che fa da sfondo, mostra l’orrore del nostro tempo, fatto di identità vuote, di maschere di plastica che con ostinazione indossiamo per sentirci tutti uguali, senza comprendere che il fascino sta proprio nel vivere ognuno secondo il proprio io.
Il tentativo di fermare questo tempo per impedire che la morte ci raggiunga quando stiamo ancora vivendo, che ci costringa a vivere il nostro tempo come dei sopravvissuti e non come dei viventi, è ciò che la compagnia cerca di raggiungere, ostinatamente attraverso tutte le forme dell’essere umano.
“Non si può vivere in questo mondo, ma non c’è nessun altro posto dove andare”, si sente ripetere, eppure Pippo Delbono, sembra proiettare la sua forza e trasmetterla a noi coinvolgendoci nel suo desiderio di fermare il nostro tempo per riflettere.