Il 14 febbraio del 1929 due squattrinati musicisti assistono alla strage (detta poi di San Valentino) nella quale la gang di Al Capone stermina gli uomini di Bugs Moran a cui contendeva il controllo del mercato dell’alcol nella Chicago del proibizionismo.
Questo è l’incipit del film “A qualcuno piace caldo” diretto da Billy Wilder nel 1959, definito dall’American Film Institute “la migliore commedia americana della storia del cinema”, il cui strepitoso successo è da attribuire anche all’interpretazione di Marilyn Monroe, Tony Curtis e Jack Lemmon. Nel 1972 va in scena a Broadway la versione musicale curata da Stone, Styne e Merrill, dalla quale Saverio Marconi e Federico Bellone hanno tratto l’adattamento per l’edizione italiana di cui Bellone firma anche la regia.
La scenografia di Roberto e Andrea Comotti prevede un grande schermo sospeso sulla scena, su cui vengono proiettate le scene iniziali del film e la rocambolesca sparatoria, dal quale sembrano uscire e materializzarsi sul palcoscenico i protagonisti, il sassofonista Joe e il contrabbassista Jerry, costretti a nascondersi per mettersi in salvo. Fingendosi donne, vengono ingaggiati dall’orchestra femminile “Sweet Sue e la sua banda” in partenza per Miami.
Film e musical si intersecano con l’ausilio della tecnica illusionistica Fregoligraph (in omaggio al trasformista Fregol, primo artista che introdusse proiezioni cinematografiche nei suoi spettacoli): al bianco e nero della pellicola si contrappongono i costumi coloratissimi e fantasmagorici ideati da Beatrice Laurora per le coreografie di Gillian Bruce.
In questa stravagante avventura artistica sotto mentite spoglie, i due conquistano l’amicizia di Sugar, la cantante del gruppo, che confida alle sue due nuove “amiche” il desiderio di sposare un milionario in Florida.
Prende il via una formidabile girandola di equivoci e innamoramenti, con repentini cambi d’abito e parrucche, calibrati con perfetto sincronismo. Situazioni paradossali, battute memorabili, colonna sonora al ritmo del “caldo” jazz anni ’20, atmosfere d’antan e luci stroboscopiche si intersecano tra schermo e palcoscenico, con interpreti in carne e ossa che non fanno rimpiangere i miti americani.
Christian Ginepro e Pietro Pignatelli, colonne portanti del musical italiano, sono esilaranti e perfino credibili nei loro travestimenti. Justine Mattera conferma la somiglianza non solo fisica con Marilyn: fa sognare dimostrando lo sprovveduto candore e la sensuale credulità che hanno fatto della diva americana un’icona del XX secolo, soprattutto nel celebre pezzo “I want to be loved by you”.
Il lieto fine è assicurato e si conclude sulla celeberrima battuta “Nessuno è perfetto”.
Lo spettacolo, invece, è perfetto con le musiche di Jule Styne su libretto di Peter Stone e liriche di Bob Merrill nella traduzione di Michele Renzullo, con le liriche italiane aggiunte di Franco Travaglio, la direzione musicale di Simone Giusti, il disegno luci di Valerio Tiberi e il disegno suono di Armando Vertullo e William Geroli.