1/6 aprile 2014
Teatro Quirino Vittorio Gassman/Teatro Stabile di Calabria
Geppy Gleijeses Marianella Bargilli Lucia Poli
L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ERNESTO
di Oscar Wilde
traduzione Masolino D’Amico
proiezione scenica Teresa Emanuele
costumi Adele Bargilli
musiche Matteo D’Amico
luci Luigi Ascione
spazio scenico e regia Geppy Gleijeses
personaggi e interpreti
in ordine di apparizione
Algernon Marianella Bargilli
Lane Orazio Stracuzzi
Jack Geppy Gleijeses
Lady Bracknell Lucia Poli
Gwendolen Valeria Contadino
Miss Prism Renata Zamengo
Cecily Giordana Morandini
Ghasuble Luciano D’Amico
Merriman Orazio Stracuzzi
L’importanza di chiamarsi Ernesto di Oscar Wilde è stata definita come la più bella commedia di tutti i tempi e l’edizione del Teatro Stabile di Calabria nelle stagioni 2001/2002 e 2003 ha totalizzato il record di pubblico in molti teatri italiani. Geppy Gleijeses interprete e regista, la ripropone oggi in un nuovo allestimento a più di dieci anni da quello strepitoso successo insieme a Marianella Bargilli nel ruolo en travesti di Algernon e con la splendida Lady Bracknell di Lucia Poli.
La commedia è la conclusione del ciclo dei “Drammi di società” dei quali fa parte con Il ventaglio diLady Windermere, Una donna senza importanza e Un marito ideale. Quando debutta a Londra nel febbraio 1895, anticipa di poco le accuse di immoralità che travolsero carriera e vita di Wilde. L’importanza di chiamarsi Ernesto, o di essere “serio” come talora si traduce giocando allo stesso modo dell’idioma inglese sulla parola earnest che compone il titolo originale, ha provocato molte congetture sul corso che l’evoluzione del drammaturgo e di conseguenza forse, di tutto il teatro inglese avrebbe potuto prendere senza l’intervento della magistratura.
Per Masolino D’Amico, oltre ad essere la commedia più rappresentata in assoluto, di certo esprime la quintessenza del teatro di Wilde: l’eleganza formale, lo straripare fulmineo dei dialoghi, il susseguirsi serrato di battute, il costante affacciarsi sul nonsense. La vicenda di John Worthing, messo sotto esame dalla terribile Lady Bracknell che intende valutarne le doti di futuro marito della figlia, risponde ai criteri di un vero e proprio atto di fondazione del “teatro dell’assurdo”, incarnato cinquant’anni dopo da Eugène Ionesco. Perché costruito su uno spettacolare castello di finzioni (John e l’amico Algernon si inventano una vita e una famiglia che non hanno), e su un puro gioco nominale: se Giulietta dietro ispirazione del Bardo era disposta a sposare Romeo quale che fosse il suo nome, Gwendolen e Cecily pretendono un Ernesto. Questo obbliga Wilde ad una spettacolare agnizione finale, che trasformi le finzioni in realtà.
“Reinterpretare Wilde e la sua Importanza tredici anni dopo – racconta Gleijeses – ti consente di leggere in modo più articolato quella che passa per essere la ‘commedia perfetta’. La competizione può scattare con Le nozze di Figaro di Beaumarchais, altro gioiello insuperabile. Ma qui, attraverso un’implacabile lente deformante, si legge tutto il marciume mal celato dell’Età vittoriana, quel moralismo omofobo e d’accatto che Wilde profondamente detestava e che lo avrebbe condotto alla rovina. Sembra assurdo, ma questa è la sua ultima commedia, la ‘commedia perfetta’, si cammina incoscienti, felici e ridenti sull’orlo dell’abisso. Il nostro compito era quello di continuare a giocare e far funzionare la macchina, ma, in tralice, il ridente parco della Manor House è un bosco in movimento e un po’ inquietante (fotografato impagabilmente da Teresa Emanuele) e nella casa di Algernon campeggia un martirio di San Sebastiano di Guido Reni, un meraviglioso esempio di estetica trafitta dai dardi del destino. Come un destino crudele trafisse Oscar Wilde. E il suo personaggio, quello a cui egli affida le sue battute più pungenti e geniali, è Algernon, lo specchio del suo autore. E Algernon è interpretato qui da Marianella Bargilli, attrice deliziosa e androgina, con capello corto e riccioli ribelli, proprio come Alfred Douglas, l’uomo per cui Wilde perse la testa, poi l’onore e infine la vita. Anche se non dimentichiamo che il personaggio che l’autore avrebbe voluto interpretare è Lady Bracknell che ricorda la regina Vittoria ed è una delle parti più scintillanti mai scritte per il teatro. Mi correggo: ho detto parte. No, è un monumento ed ora come tredici anni fa quel monumento è Lucia Poli. Credo che forse Wilde l’abbia scritto per lei.”
8/13 aprile
Compagnia Orsini
Umberto Orsini
IL GIUOCO DELLE PARTI
da Luigi Pirandello
adattamento Valerio, Orsini, Balò
con Alvia Reale, Michele Di Mauro
Flavio Bonacci, Carlo de Ruggeri, Woody Neri
scene Maurizio Balò
costumi Gianluca Sbicca
regia Roberto Valerio
Lo spettacolo che chiude la stagione è l’ultima delle coproduzioni della Fondazione Teatro della Pergola che in questa occasione ha affiancato una delle produzioni della nuova Compagnia fondata da Umberto Orsini lo scorso anno. Apparentemente in controtendenza in un periodo così segnato dalla crisi economica che attraversa tutti i settori produttivi Orsini spiega la nascita della compagnia come un “profondo desiderio di aggregare al mio nome una serie di persone con le quali ho già lavorato o con le quali avrei sempre voluto lavorare e trasmettere loro tutta la mia passione, la mia esperienza e il persistente desiderio di ricerca e di qualità che ha guidato la mia vita artistica attraverso una seria preparazione professionale.” L’obiettivo è quello un laboratorio di lavoro permanente sul modello del suo maestro Luca Ronconi perché prosegue – “Ho attinto tanto da tutti quelli che mi hanno preceduto e vorrei lasciare questa eredità a quanti camminano con me ora e cammineranno un giorno senza di me ma carichi, come lo saranno, di una conoscenza che viene da molto lontano e che io mi sento felice di trasmettere. La crisi la si combatte con la qualità e l’arrogante consapevolezza di fare un mestiere bello e utile.”
Orsini torna al Giuoco delle Parti di Pirandello a quindici anni di distanza dall’allestimento del Teatro Eliseo con la regia di Gabriele Lavia e dedica questa nuova edizione all’indimenticata Rossella Falk nella certezza che “l’intelligenza teatrale di Rossella non sarebbe indietreggiata di fronte ai piccoli tradimenti che questa versione propone.”
La vicenda di Leone Gala (Umberto Orsini), di Silia (Alvia Reale) e di Guido Venanzi (Michele Di Mauro), rispettivamente marito, moglie e amante che un intrigo di passioni, ricatti, offese vere o presunte porta alla necessaria e cruenta eliminazione di uno dei tre, è notissima.
Nel riproporre questo testo il giovane regista Roberto Valerio, anche lui attore della storica versione dell’Eliseo, ha immaginato un Leone Gala che, sopravvissuto ai fatti narrati dalla commedia, cerchi di ripercorrerli con la testimonianza del ricordo. Ce ne offrirà inevitabilmente una visione parziale e soggettiva ampliando in tale modo i piani del racconto e facendolo piombare in un clima che mescola reale ed irreale, presente e passato, razionalità e follia.
Sempre Orsini a proposito della nuova edizione aggiunge – “Abbiamo immaginato un Leone Gala che viva oltre il limite che la commedia gli ha assegnato, un Leone più invecchiato e ossessivamente alla ricerca del suo passato, e che lo rivive come farebbe uno scrittore che voglia mettere ordine alle sue bozze o cambi la sequenza delle scene, o addirittura le sopprima. Apparentemente Leone Gala è una gran brava persona ma è certamente un folle, un assassino col sorriso sulle labbra e la morte nel cuore. Nel nostro spettacolo lo ritroviamo in un luogo che non può essere una prigione perché la sua colpa, nonostante la tragica conclusione, è stata solo virtuale. Il luogo dove collochiamo il nostro protagonista è certamente uno spazio dove la ragione convive con la pazzia, dove gli abiti mentali con cui si sono mascherate le apparenze sono stati dismessi, dove il passato ritorna perché del passato non si può vedere solo ciò che è passato ma anche ciò che è sempre presente; è il “luogo – prigione” di un Enrico IV che gira in costume là dove tutti sono vestiti normalmente e tutti fanno finta di non accorgersene… È il palcoscenico di Hinkfuss, il regista di Questa sera si recita a soggetto, che in piena crisi creativa cambia le scenografie quasi a capriccio e commenta le azioni degli attori durante le prove… È soprattutto un luogo che scardina il salotto borghese ed allarga il campo verso qualcosa di più proiettato all’esterno, un esterno in cui l’uomo è più disarmato e perciò più vulnerabile e in qualche modo più simile e vicino ai nostri contemporanei.”
Info: www.teatrodellapergola.com
Orario spettacoli: dal martedì al sabato: ore 20.45, domenica: ore 15.45. Lunedì riposo.
Prezzi biglietti interi: Platea: €30, Posto Palco: €22, Galleria: €15