“Cloture de l’amour” è la pièce di Pascal Rambert che debuttò al Festival di Avignone nel luglio del 2011 (ricevendo due prestigiosi riconoscimenti: Miglior creazione di un testo teatrale in lingua francese e Gran premio della drammaturgia) è già stato tradotto in nove lingue La versione italiana prodotta da Emilia Romagna Teatro e ha ricevuto la nomination per il Premio Ubu 2013.
Un uomo e una donna (Luca e Anna) in una stanza con le pareti di un bianco algido sono sistemati agli angoli opposti come su un ring, lei di spalle immobile, lui di fronte con aria minacciosa. Al suono metaforico del gong Luca inizia il suo monologo trattenendo a fatica quel fiume in piena che vuole esondare. Saranno cinquanta minuti dedicati a smantellare con precisione maniacale quello che è stata fino ad allora la loro convivenza. Nella cruda, feroce delirante volontà di demolire il passato Luca si incanaglisce con freddo cinismo su tutti gli aspetti della vita in comune, non ne salva uno. Accusa Anna con un profluvio di parole, parole in libertà con tangenze surreali (la guerra con le baionette, la morte di John Lennon…), parole feroci e compulsive reiterazioni dove la parola perde il valore semantico per diventare suono minaccioso, pietra, flagello. Nella sua “orazione” Luca si avvicina con tono minaccioso ad Anna che immobile sembra accusare i colpi dell’avversario, ma lui si ritrae e nel lungo pesantissimo silenzio la tensione e l’emozione sale. Si capisce allora che il dialogo, la lite, l’alterco anche violento non ci sarà. Infatti dopo aver assistito al soliloquio logorroico di Luca, parte il secondo fendente a un tempo viscerale e razionale di Anna che ribatte colpo su colpo, riprende le accuse e le smonta con fredda determinazione e attacca sdegnata e sferzante, poi sembra cedere al ricordo di un passato felice con lui e i figli con la sottesa richiesta estrema di essere presa per mano e portata via da quel dolore. Ma Luca non si muove. E lei terrà per sé i ricordi di un grande amore. Il testo impervio e prolisso è il frutto di un narcisistico esercizio letterario con la discesa in campo di Dante e Beatrice, di Orfeo e Euridice e con frequenti arabeschi retorici che stimolano l’applauso dell’autore che si ammira allo specchio. A dir poco strepitosa la prova di Luca Lazzareschi e Anna Della Rosa che riescono ad imprimere al loro eloquio una velocità che stordisce, arresti improvvisi e una ricchezza di colori che abbaglia. Una stupenda prova d’attore in uno spettacolo guidato con maestria da Pascal Rambert che si è avvalso dell’elegante traduzione di Bruna Filippi e delle belle candide scene di Daniel Jeanneteau.