L’opera del 1743 è fondamentale non solo nella carriera di Carlo Goldoni (Venezia 1707 – Parigi 1793), ma nella storia del teatro poiché segna l’incipit della grande riforma del teatro compiuta dal drammaturgo veneziano rappresentando, come egli stesso afferma, “la prima commedia di carattere da me disegnata ed intieramente scritta” che non lascia spazio all’improvvisazione come succedeva, invece, nella Commedia dell’Arte.
Persona di saldi principi morali e dal temperamento tollerante, ancorché melanconico e inquieto, Goldoni trasferisce nello scritto la sua esperienza e conoscenza di vari luoghi della Penisola e in particolare le sue competenze legali dato che essendo divenuto avvocato si trova combattuto tra la professione e l’attrazione verso il teatro.
La protagonista Rosaura – archetipo della donna goldoniana che riesce a tradurre in pratica la propria intelligenza mostrandosi indipendente, intraprendente, avveduta, arguta (non adulatrice e scaltra come a torto viene subito giudicata) e in questo caso dotata di cultura giuridica: caso singolare e difficile da fare accettare ai contemporanei viste le sue umili origini (figlia di una lavandaia di Pavia), ma oggi assolutamente attuale – per vendicarsi di una mancata promessa di matrimonio si reca a Bologna facendosi assumere come cameriera in casa del fedifrago e portando scompiglio e paradossalmente ordine grazie alla sua determinata logica scevra da compromessi e connotata da un grande e maturo buon senso.
Ne risultano situazioni comiche ed esilaranti non solo per lo stupore, l’ammirazione e la stima indotte negli altri (indipendentemente dal sesso e dal ceto sociale), ma anche per l’ingegnoso piano messo in atto per fare capitolare l’ignaro Florindo, superficiale e immaturo studente in legge (seguendo la professione del padre), scombussolato dalla sorpresa che manda all’aria anche l’ultima sua trovata.
La versione con venature caricaturali di Emanuele Barresi che confessa sinceramente di avere “snellito” l’originale – e di variazioni ce ne sono tra cui l’avere eliminato il resto della servitù e ridotto a simbolo il personaggio di Momolo, l’avere introdotto nel testo alcune battute garbatamente metaforiche sulla virilità e modificato il finale – riesce a coinvolgere gli spettatori che si divertono di gusto.
Sempre più brava e convincente Debora Caprioglio, deliziosa Donna di garbo, tenerissimo Antonio Salines che fa pensare a Goldoni quando a Parigi scrive i Mémoires e simpaticamente divertente lo stesso Barresi che come attore interpreta Lelio, affettato e vanesio cicisbeo in un gruppo di attori ben guidati.