Merita una standing ovation la rappresentazione al teatro Leonardo della pièce “La trilogia della villeggiatura”. Un lungo applauso indirizzato a tutta la compagnia cominciando da Valeria Cavalli che ha operato una rilettura del testo che, sono certo, farebbe felice Carlo Goldoni.
La prima parte “Le smanie della villeggiatura” è impostata secondo la psicologia dei personaggi tutti eccitati dal desiderio di partire, di evadere, vittime allora come ora della sindrome ferragostana. Si impone quindi una comicità aggressiva che esonda nell’assurdo farsesco esaltandosi nel gioco di parole, nella recitazione in chiave marionettistica, nella fisicità dei gesti e posture, nella mimica facciale, nell’iterazione delle situazioni, dei costumi, dei suoni e delle visioni. Il Teatro è visto come gioco e rappresentazione attraverso la comicità e i suoi linguaggianalizzati in tutte le sfumature e toni, dall’ironico al clownesco alla provocazione del non-sense.
Elementi già teorizzati da Paul Claudel il quale diceva che l’attore deve “jouer non seulement avec la langue et les yeux, mais avec tout le corps, se servir des ressources infinies d’expression que fournit le corps humain“.
E’ nella seconda parte (Le avventure) e particolarmente nella terza (Il ritorno) che gli attori danno una prova eccezionale della loro capacità attorale, della loro versatilità.
Ma veniamo alla storia.
La “Trilogia” racconta la storia della vacanza estiva di una squattrinata borghesia specchio fedele di una società che sta ballando l’ultimo valzer prima di affondare. E’ la giostra della dissipazione, della vanità vanesia, dell’ipocrisia imperante, degli intrallazzi, dei pettegolezzi, delle invidie, dei dissesti finanziari, di matrimoni di convenienza e di amori sacrificati sull’altare del conformismo. La trilogia è composta di tre commedie: la “Partenza”, le “Avventure” e il “Ritorno”. La prima è caratterizzata dal vitalismo giovanile con frequenti momenti di una comicità che anticipa il vaudeville. Nella seconda, negli agognati luoghi della villeggiatura, la vita si fa monotona, si dipana in passeggiate, pettegolezzi, partite a carte, noia, con amori che finiscono altri che sbocciano.
Infine il “Ritorno”, dopo l’inconsistente avventura estiva, celebra la fine del tempo delle lucciole e delle cicale. L’atmosfera si impregna di malinconia specchio della dura realtà che si impone alle illusioni. Si celebrano partenze e grigi matrimoni che risolvono i dissesti finanziari. La trilogia è il paradigma di una vita vissuta in un’allegria di fondo malinconico. Una metafora delle fasi della vita come le stagioni, la primavera, l’estate e l’autunno. Goldoni ha escluso l’inverno. Com’è suo costume, ha usato l’arma dell’ironia per mettere alla berlina la società senza affondare il dileggio nelle pieghe e nelle piaghe di una società in agonia. A mente fredda, evaporati i fumi dell’emozione, è assai doloroso constatare l’attualità della condanna di Goldoni nei confronti di universo giovanile plagiato dal potere della ricchezza, dall’imperativo di esserci e dominato da un deficit pauroso di valori.
Il capolavoro che viene riproposto al Teatro Leonardo nella versione della compagnia “Quelli di Grock” è uno spettacolo godibilissimo che eccelle in tutte le sue componenti, regia (curata da Valeria Cavalli e Claudio Intropido), scenografia e luci (a cura di Claudio Intropido), costumi molto funzionali (di Anna Bertolotti), le belle musiche (Gipo Gurrado). Infine i bravissimi attori a cominciare da Clara Terranova che offre una notevole gamma interpretativa che va dalla lucida e determinata Giacinta della prima parte, alla turbata ambiguità sentimentale della seconda, alla rassegnata vittima del conformismo imperante del “Ritorno”.E poi ancora il “nevrotico” Antonio Brugnano padrone della scena, gli esilaranti Cristina Liparoto e Andrea Robbiano, il divertente Jacopo Fracasso, i bravissimi Sabrina Marforio, Simone Severgnini, Francesco Alberici, Pietro De Pascalis (che copre un doppio ruolo), Francesca Dipilato.
Spettacolo assolutamente da non perdere.