Ideato e diretto da: Roberto M. Giordano
Con Roberto M. Giordano, Gennaro Maione
Coreografia: Gennaro Maione, Roberto M. Giordano
Prodotto da Palco 11zero8/ Körper
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La tumultuosa vicenda di Paul Verlaine (1844-1896) e Arthur Rimbaud (1854-1891) approda al Teatro Elicantropo con una trasposizione in danza, progetto ideato dagli stessi protagonisti Roberto Giordano (nel ruolo di Verlaine) e Gennaro Maione (nel ruolo di Rimbaud).
Nel 1871 Rimbaud, appena diciassettenne ma già irrequieto e instabile, incontra il ventisettenne Verlaine che, colpito dall’estro poetico del giovane, lo invita a soggiornare in casa sua in cui la moglie Mathilde Mauté de Fleurville è in attesa del loro figlio. L’incontro devasta completamente Verlaine che nel giro di poco tempo lascerà la consorte per seguire Rimbaud per l’Europa, preso totalmente dal fascino un po’ dandy e dal temperamento “selvaggio” del ragazzo che scandalizzò in breve la buona società parigina.
Lo spettacolo mette in evidenza la passione generata dal loro incontro e lo fa attraverso una coreografia che riesce ad esprimere sia le fasi differenti del rapporto che la natura dello stesso; ai momenti in cui i loro corpi di muovono in modo speculare, suggerendo sprazzi ludici e di armonia di una relazione che pare aver attanagliato due nature differenti eppure anime gemelle, agli attimi di turbamento, aggressività e dolcezza attraverso i quali essi raccontano un eros intenso e forte, così forte da esserne travolti.
In effetti il fulcro della pièce è proprio l’attrazione passionale che sfocia in un amore segnando così a vita le storie individuali. La narrazione dei due corpi che si avvinghiano e poi si sfuggono in un’alternanza che suggerisce, appunto, l’essenza burrascosa di questo amore, è spesso “estraniata” da una voce femminile la quale s’introduce come elemento non meno importante. É lei la moglie, la giovane sposa con la quale Verlaine rompe violentemente. Il suo racconto colmo di dolore non è soltanto la sua storia personale di donna tradita ed abbandonata, ma soprattutto la testimonianza oculare di quel cambiamento totale che subì Verlaine trasformandolo da borghese in ascesa in uomo possessivo e violento.
Il titolo del lavoro di Giordano – riprende una poesia dello stesso Verlaine – oltre ad significare l’avvenuta mancanza di un futuro coniugale con la donna (verso la fine, la sua voce dice “mai noi saremo stati”), rende a pieno l’impossibile, o se si vuole illusoria felicità di un amore costretto ad essere fuggiasco, perennemente in bilico e minacciato dal temperamento degli amanti.
Il colpo di rivoltella che segna l’epilogo tragico della relazione è quell’atto irrazionale e violento che pare essere l’inevitabile destino di Rimbaud e Verlaine in quanto figli di quel tempo, di un mondo canonico e scevro di bellezza nel quale i romantici e poi i decadentisti mai si riconobbero.
Eppure, lo si può contestualizzare sino ad un certo punto. In ogni epoca possono esserci qualche Verlaine e Rimbaud, Gauguin e Van Gogh a confrontarsi con una forza irrazionale che li trascina e li trasforma sino a non riconoscersi se non, come sembrerebbe suggerire la coreografia, specchiandosi l’uno nell’altro.