“Riprendiamo il cammino”, la frase finale di questo particolare spettacolo dovrebbe essere, a mio avviso, il suo vero titolo. I Motus sono partiti dalla suggestione di un incontro fra Ariel e Caliban, personaggi mitici della Tempesta shakespeariana per raccontare a modo loro di un momento di sosta, un attimo di tregua nel percorso che li porterà in altri luoghi, in altre situazioni, in nuove avventure. È un cercare di comunicare con lingue comuni non proprie, le loro esperienze, ciò da cui fuggono, quello che sono, che amano, che sognano. Agli spettatori viene chiesto un impegno anche fisico nel seguire ciò che avviene in scena. C’è una grossa tenda in mezzo al palcoscenico ed ai suoi lati due costruzioni dove viene proiettato ciò che avviene all’interno della tenda, ma in modo sfalsato e con logiche non subito comprensibili. Occorre guardare a destra, a sinistra e poi in centro, e ancora muovere lo sguardo in modo non meccanico per cogliere frasi, sguardi e attimi di dolcezza ma anche di rabbia. E ti rimane la sensazione di aver visto migliaia di profughi in cammino fermarsi un attimo, prima di riprendere il viaggio nel deserto, prima di imbarcarsi su zattere di fortuna, prima di aver provato a cercare la propria libertà. È come bere un bicchiere di acqua fresca e dopo ti viene voglia di “Riprendere il cammino”. Tutto molto convincente.
di e regia Enrico Casagrande e Daniela Nicolò
con Silvia Calderoni e Mohamed Ali Ltaief (Dalì)