Opéra-lyrique in tre atti. Libretto di Eugène Cormon e Michel Carré.
Musica Georges Bizet
Opéra ballet visivamente suggestiva
Léïla è interpretata da Nino Machaidze, soprano di coloratura dal corpo vocale di bel colore e spessore consistente usato con leggerezza, suoni belli ma poco articolati nella parola, per cui la dizione è incomprensibile, incisive le puntature acute nel canto di furia; nell’aria “Comme autrefois” con arcate dei violoncelli, nonostante la messa di voce, i filati e il buon uso del fiato, non restituisce la soavità dell’aria, brava nei gorgheggi.
Nadir è Jesús León, tenore chiaro con voce aspra, estesa verso l’alto e povera nei gravi, vocalità un po’ stirata, che si ammorbidisce nella famosa aria “Je crois entendre encore”, aria dolcissima, soavissima, cantata benissimo sul fiato con finale lunghissimo sfumato.
Nel duetto col soprano “ton coeur n’a pas compris le mien” introdotta da un assolo di clarino, lui ha buon accento, lei è più manierata e con una linea di canto un po’ strana, fatta di canto sottovoce e non a mezza voce, seguito da slanci staccati, più che l’intensità del canto nel loro duetto c’è il ricamo del clarinetto, l’orchestra è attraversata dall’ondata del peccato dopo il disvelamento di lei.
Il baritono Vincenzo Taormina (Zurga) ha voce ampia, buone sonorità centrali e corrette progressioni acute perché canta sul fiato, sostiene bene i suoni, ma pronuncia <i> le <e> e accentua i finali.
Nourabad è Luca Dall’Amico, basso di bel timbro, bei suoni gravi, rotondità e consistenza del suono.
Il Coro del Teatro Regio di Parma, diretto dal bravissimo Maestro Martino Faggiani, è quasi sempre presente in scena e fuori scena, intensamente coinvolto canta molto bene, esprime una coralità vasta e coinvolgente, che si addolcisce nel canto sospeso a mezza voce.
L’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna è diretta da Patrick Fournillier: morbidezza degli archi nell’Ouverture, musica sospesa e dilatata con qualche esplosione, strumenti solisti spesso scoperti, orchestrazione a tratti pesante ed elaborata.
La lentezza dei movimenti asseconda la dilatazione della musica.
Il sipario si apre su un magnifico paesaggio con dune azzurre e corpi seminudi distesi, luccichii di cristalli di sabbia sul pavimento, suggestivi quadri d’insieme con luci pastello che cambiano colore, scena piuttosto generica con poche variazioni: una grande testa che rappresenta il tempio in rovina dove lei è prigioniera, un cielo nero punteggiato di stelle, un albero al posto della statua di Brahma.
Nude look per il corpo di danza, piuttosto agitato, costumi chiari per il coro, esotici nella foggia, nelle stoffe e nel colore per tutti. Molto colore ed effetto cromatico fantastico. Veli, colori, movenze e disposizione delle masse ci ricordano Pier Luigi Pizzi.
Regia di Fabio Sparvoli, scene di Giorgio Ricchelli, luci di Jacopo Pantani, costumi di Alessandra Torella, coreografie di Annarita Pasculli.