Al termine della pièce un lunghissimo applauso mi consente, con effetto liberatorio, di uscire da quell’insopprimibile, imbarazzante coercitiva sfera emozionale che inumidisce gli occhi e ingroppa la gola. Forse la commedia non meritava tanto ma, tant’è le reazioni psicologiche sono incontrollabili. “Sempre insieme” è un testo scritto dalla drammaturga romena Anca Visdei che racconta le vicende parallele di due sorelle Alexandra e Joanna, nella Romania di Ceasusescu. La prima aspira a diventare scrittrice e l’altra attrice, ambedue sognano di uscire dall’oppressione del regime, di andare all’estero e riprendersi la libertà. Ma ragioni politiche e affettive (la mamma e la nonna) mettono in stand by i loro sogni. Finché un giorno Alexandra rompe gli indugi e decide di emigrare in Svizzera. Ma la vita, anche là, è dura per un’emigrante, mancano i soldi, le opportunità di lavoro, c’è la difficoltà della lingua. Grande e incombente c’è solo la solitudine che viene attenuata con un frequentissimo carteggio epistolare fra le due ragazze che si raccontano poveri lacerti di vita, notizie, esperienze, amori sperati ed alcuni inconfessabili (Joanna convive con lo stesso uomo di cui Alexandra era innamorata).il cui tardivo disvelamento raffredderà per alcuni anni il loro rapporto. Alexandra nel tempo si realizza come scrittrice, insegna all’Università di Losanna, si sposa, divorzia, ha un figlio. In Romania la vita per Joanna è invece piuttosto fallimentare. Dopo un certo successo come attrice (che dura finché ha goduto della protezione di un alto funzionario del partito) si dedica, dopo la morte della madre, alla cura della nonna protorivoluzionaria e vive i terribili momenti della lotta per la libertà e la caduta del regime. A questo punto Alexandra ancora giovane, bella ed elegante torna con il figlio e abbraccia la sorella invecchiata e senza smalto. Non è certo, come potrebbe apparire, un lieto fine. Il finale ci conferma che la sorella maggiore, l’espatriata, scriveva ogni giorno o più di una volta al giorno a Joanna non per amore ma per mettere a tacere l’assordante solitudine. Poi integrata nella società svizzera silenzio, interminabile, per anni cinico silenzio. Se togliamo la prima parte impostata su ritmo, gestualità, urli, mimica e recitazione eccessivamente sopra le righe dobbiamo riconoscere che il regista Matteo Alfonso ha diretto la pièce con ottime invenzioni sceniche semplici e funzionali e scelte registiche perfette. Difficile trovare parole adeguate per dimostrare l’ammirazione nei confronti delle due sensibili interpreti Barbara Alesse e Irene Villa. Bravissime!!