Melodramma giocoso in francese con autoimprestiti da Il Viaggio a Reims.
Alla Scala l’opéra divertissement nella scialba lettura di Laurent Pelly.
Siamo piuttosto lontani dalle produzioni pesaresi de Le Comte Ory, quella storica di Pizzi del 1984 con Rockwell Blake e Alessandro Corbelli e quella più recente di Lluís Pasqual del 2003 con Juan Diego Florez.
Florez doveva esserci anche nell’attuale edizione della Scala, ma dopo la prima ha cancellato tutte le altre recite a causa di una tracheite. A noi è dispiaciuto molto, a lui forse un po’ meno vista la produzione scialba e volgarotta, lontana dal suo stile.
Ci avrebbero incuriosito le sue nudità, ma ci saremmo sentiti a disagio anche noi nel vederlo conciato da santone selvaggio e trasandato nel primo atto e da monaca sbracata nel secondo e in atteggiamenti più sguaiati che erotici.
Laurent Pelly, responsabile di regia, scene e costumi, ha buttato sulla scena un conte seminudo, coperto solo nelle parti intime con brache bianche arricciate e gli ha messo in testa una parrucca bianca, tipo rasta, lunga fino alla vita. In mutande, in accappatoio, in posizione yoga su un podio tipo Budda davanti alla fila di gente che gli chiede la grazia, o in abiti monacali per introdursi nelle stanze della contessa, le Comte è il prototipo del nobile frivolo e scanzonato che ha in testa una sola cosa, il sesso, solo che in questa edizione non ha nulla di nobile.
L’ambientazione del primo atto è brutta, è una piccola e scialba palestra, usata anche come teatrino, con bar annesso. Le persone sono vestite in modo squallido, moderni abiti plebei. Nel secondo atto c’è una visione cinematografica degli interni del palazzo della contessa, le scene che scorrono oltre lo spazio scenico mostrano in successione la cucina, la camera e perfino il bagno, a volte si vedono due stanze insieme per le azioni in contemporanea di persone non dialoganti tra di loro. Una bellissima idea. Divertente la scena a tre sul letto della contessa, che, nascosta dalle lenzuola, scivola lentamente a terra, lasciando l’ignaro Conte tra le braccia riluttanti di Isolier.
Regia ripresa da Christian Räth, luci generiche di Jöel Adam.
Nel ruolo protagonista del Comte Ory Colin Lee si destreggia bene sia teatralmente che vocalmente, canta bene, ha una vocalità di bel timbro, solida anche negli slanci acuti (cavatina “Que le destin prospère”, che riprende l’aria di Madama Cortese “Di vaghi raggi adorno” dal Viaggio a Reims), ma la solidità e la brillantezza del suono non durano fino alla fine, dove alcuni suoni sono un po’ stretti in gola.
Morbidezza, agilità e robustezza degli acuti e sovracuti contraddistinguono il duetto con Isolier “Une dame de haut parage”, dove il mezzosoprano Chiara Amarù (Isolier in pantaloni e giubbetto di pelle) si distingue per pastosità e morbidezza del suono, incisività d’accento, sicurezza d’emissione e facilità di salire alla tessitura acuta.
La Comtesse de Formoutier, introdotta da un dolcissimo intermezzo orchestrale, si presenta con un soprabito bianco. La sua fantastica aria d’ingresso sospirosa e languorosa “En proie à la tristesse” (ripresa dall’aria della Contessa di Folleville del Viaggio a Reims “Partir, o ciel, desio”) è ricca di trilli e sbalzi, scale ascendenti e discendenti, appoggiature, picchiettati, acuti e sovracuti con crescendo orchestrali.
Pretty Yende, un soprano di colore e di coloratura dalla bellissima voce, la interpreta con intensità d’accento, colori densi e sonorità scintillanti, ma deve perfezionare gli acuti iperbolici. Il suo duetto con l’eremita è pervaso dai fumi dell’erotismo.
Il basso Roberto Tagliavini è un Gouverneur apprezzabile in ogni senso, ha voce importante, ampia, duttile e di bel colore, con belle sonorità e buoni gravi, buon sostegno del suono anche nelle grandi arcate, pronuncia chiara e padronanza del palcoscenico, oltre a una bella figura (cavatina “Veiller sans cesse” con cabaletta “Cette aventure” che riprende quella di Lord Sidney).
Raimbaud ha la bella voce baritonale di Nicola Alaimo, padrone del palcoscenico, che si destreggia bene nel sillabato buffo dell’aria “Dans ce lieu solitaire” (copia dell’aria di Don Profondo “Medaglie incomparabili” del Viaggio).
Marina De Liso (Ragonde) ha una buona voce ma i suoni sono un po’ chiusi.
Nelle parti minori: Rosanna Savoia Alice, Massimiliano Difino Gérard, Michele Mauro Mainfroy, Maria Blasi, Marzia Castellini, Massimiliano Difino, Emidio Guidotti, Devis Longo les Coyphées.
Non manca il temporale rossiniano, qui posto all’inizio del secondo atto, che è un vero temporale in orchestra, l’Orchestra del Teatro alla Scala, diretta con mano leggera da Donato Renzetti, si gonfia nel concertato con coro del finale atto primo “Ciel! Ô terreur extrème…Venez, amis”, che riprende il “Destino maledetto” del Viaggio. Il Coro del Teatro alla Scala, molto compatto e sonoro nella sezione maschile e delizioso nelle pagine corali femminili, è diretto da Bruno Casoni.