Circense di tradizione, comico sovversivo per vocazione
Assistere agli spettacoli di Leo Bassì è sempre un’esperienza particolare. Questo giocoliere, clown, affabulatore, provocatore, con una coerenza politica che si esprime in ogni suo intervento, crea con il pubblico un particolare rapporto che a volte rasenta l’idolatria. Niente in ciò che si vede è casuale, dalla prima immagine che si ha entrando in sala, in questo caso una grande scalinata che porta ad una poltrona/trono, il tutto sormontato da un enorme dipinto che ricorda le immagini degli eroi del comunismo, ritraente Leo Bassì, all’entrata rumorosa e provocatoria. Dalla sua parlata che sembra continuamente inciampare in un italiano stentato, le pose, le finte aggressioni verbali. Si mette continuamente in gioco, è orgoglioso di appartenere al mondo del circo da generazioni, ricorda aneddoti della sua infanzia, piange e ride contemporaneamente e porta sul palco spettatori apparentemente terrorizzati, a cui propone assurdi esperimenti. Lo conosco da più di 30 anni, e ritengo non sia azzardato parlare di lui come di un poeta che ha usato la sua vita per mostrare a tutti che è necessario non prendersi troppo sul serio. È un mito insuperabile, ha 62 anni, si comporta come un monello di 9 e c’é una saggezza in lui che si percepisce dallo sguardo. È anche noioso ripetitivo e volgare, ma è sopratutto Leo Bassì.