La pioggia è arrivata precisa all’ultima nota del primo atto, con conseguente intervallo di un’ora
“Mi chiamano Mimì, ma il mio nome è MELODIA”, così dovrebbe cantare la Dessì quando si presenta a Rodolfo nella soffitta sopra i tetti di Parigi, perché la sua magnifica voce è pura melodia, sia nel canto a fior di labbra, sia nelle grandi arcate melodiche, sia nel canto di conversazione, sia nelle struggenti arie di dolore e di abbandono. Il flusso sonoro pieno, continuo, pastoso, carezzevole, parla al cuore, proprio come voleva Puccini. Con fraseggio accurato e suoni ben dosati la Dessì fa uscire la psicologia del personaggio, con perfetta linea di canto tenuta sempre sul fiato, fluidità d’emissione e intenso modo di porgere realizza la tinta pucciniana.
Ed è proprio quella tinta che contraddistingue le opere di Puccini a dilatare la melodia fin dentro la tua testa e a farti sentire il nodo alla gola, ogni volta, ogni volta, ogni volta, se ciò non accade non si è ascoltato Puccini.
Daniela Dessì è la figlia prediletta di Puccini e si sente che lei lo ama profondamente.
Sarebbe stato magnifico se avesse avuto accanto un Rodolfo con la stessa fluidità d’emissione e con la stessa facilità di esplorare territori stellari; Fabio Armiliato è un bel bohémien che si destreggia bene vocalmente nel registro medio, ma ha affrontato di forza e con qualche difficoltà le frequenti impennate acute.
Gli altri bohémiens hanno cantato bene; da sottolineare la vocalità importante e il bel colore scuro del basso Marco Spotti, che emerge in ogni frase di Colline e s’impone nella nota <vecchia zimarra>, cantata con morbidezza d’emissione e fiati sostenuti, l’estensione vocale e la spavalderia di Alessandro Luongo per Marcello, la bella voce ampia e ben gestita di Federico Longhi per Schaunard, la musicalità di Alida Berti per una frizzante Musetta. Squillante e pulita la voce acuta del tenore Ugo Tarquini (Parpignol), solida la vocalità e la tenuta scenica di Angelo Nardinocchi nel duplice ruolo di Benoit e Alcindoro. Il Sergente dei doganieri era Marco Simonelli e il doganiere Jacopo Bianchini.
Scanzonato e divertito il coretto dei bambini interpretato dal Coro delle voci bianche del Festival Puccini, preparato da Sara Matteucci. Bravo il Coro del Festival Puccini, diretto da Stefano Visconti. L’Orchestra del festival è stata ben diretta dal maestro viareggino Valerio Galli. La regia di Ettore Scola aveva ovviamente un taglio cinematografico e la sua direzione ha lasciato ai cantanti la libertà di esprimersi. Nel Quartiere Latino a sinistra ha messo un pittore che ritrae una coppia seminuda per un petit déjeuner sur l’herbe.
Assistenti alla regia: Carlo Negro, Luca Ramacciotti. Aiuto regista: Marco Scola Di Mambro. Assistente scenografo: Francesco Catone.
La scenografia tradizionale dai colori caldi a dalle morbide linee architettoniche di Luciano Ricceri è composta di due elementi architettonici laterali fissi e di uno centrale girevole manualmente, per riprodurre gli interni decorati e gli esterni richiesti: l’abitazione su due piani dei bohémiens, la facciata del Café Momus e l’edificio del dazio con la vicina osteria.
I costumi d’epoca di Cristina Da Rold sono di bella foggia e prevalentemente scuri, tranne quello rosso, boa compreso, di Musetta. Adeguate le luci di Valerio Alfieri. Peccato che non abbia funzionato la nevicata del terzo atto. E allora si è rimpianto Zeffirelli.