Questa Bohème non s’ha da fare. O quasi. Funestata dalle agitazioni sindacali nella prima del 14 luglio (quando è andata in scena solo con l’accompagnamento del pianoforte), nella replica del 18 (stessa dinamica della prima), nella replica del 26 (annullata), l’appuntamento di martedì 29 luglio diventata la prima vera e propria a tutti gli effetti con la presenza (finalmente) dell’orchestra e l’arrivo sul podio del giovane e talentuoso Davide Rustioni. È arrivata però la pioggia (prima della povertà e della tisi) a infrangere l’amore di Mimì e di Rodolfo perché la recita è stata interrotta alla fine del terzo atto, causa arrivo di un fragoroso temporale. Insomma questa Bohème “non s’ha da fare” come avrebbe detto Alessandro Manzoni, ma l’esperienza e gli spazi di Caracalla d’altra parte sono anche questo, legati indissolubilmente alle bizzarrie meteorologiche anche di un luglio folle. Alla fine però tutto è bene quel che finisce bene e nonostante gli imprevisti si capisce perfettamente il tipo di lavoro pensato e proposto dal regista Davide Livermore. L’allestimento, realizzato in coproduzione con il Palau de les Arts Reina Sofía, è all’insegna della creatività di Davide Livermore nelle molteplici vesti di regista, scenografo, costumista che si è occupato anche delle luci. La tormentata storia d’amore di Mimì e Rodolfo e le esistenze degli artisti bohèmien nella Parigi di fine Ottocento vengono riproposte e letteralmente illustrate da Livermore che sfrutta proiezioni e immagini adattate gli spazi di Caracalla. Sul palco si susseguono sette grandi pannelli dislocati nel grande atelier del pittore Marcello su cui vengono via via proiettati i quadri dell’intera esperienza pittorica della Parigi di fine Ottocento, alternando opportunamente le più celebri tele di Van Gogh, Cezanne, Renoir, Monet. Gli stessi quadri poi non vengono solo proiettati anche sulle rovine con effetti davvero singolari e di grande effetto, ma vengono simpaticamente “bagnate” e sporcate delle videoproiezioni (con occhiolini delle donne che strizzano o alberi che si muovono impercettibilmente). Bellissimi alcuni effetti in particolare, dai quadri del terzo atto con la neve (in realtà a evocare più la Russia di Onegin che non la Francia impressionista), affollatissima la scena del Quartiere Latino con tanto di giocolieri e mangiatori di fuoco a far da contorno alle vicende della provocante Musetta, sorprendente la neve in apertura del terzo atto che scende sul pubblico (poco prima della pioggia). Insomma la regia di Livermore che colloca l’opera esattamente nel 1830 è senza dubbio molto frizzante, in particolar modo nel secondo atto e nei diverbi d’amore fra Musetta e Marcello. “Il mio desiderio è semplicemente quello di raccontare la Bohème che considero come uno dei momenti migliori dell’educazione dei nostri affetti – aveva detto Livermore – La mia regia si adatterà alla storia, una sorta di storyboard cinematografico”. Doppio cast sempre adeguato (sempre molto coraggioso per aver cantato in alcune occasioni anche senza il necessario supporto musicale) per questo kolossal dei sentimenti con la brava Carmela Remigio nel ruolo di una garbata Mimì, (si alterna con Simge Buuykedes), il tenore Aquiles Machado, composto nel ruolo di Rodolfo (che si alterna con Alessandro Liberatore), frizzantissima Rosa Feola nel ruolo di Musetta (che si alterna con Mihaela Marcu). Completano il cast Julian Kim e Dionysios Sourbis (Marcello), Roberto Accurso (Benoit), Gianluca Buratto (Colline), sempre efficace il coro di Roberto Gabbiani a dar vita a un classico dei sentimenti con un tocco di modernità tecnologica. Lo spettacolo replica ancora oggi, lunedì 4 (ore 21); giovedì 7 (ore 21); sabato 9 (ore 21). Tutte le informazioni su www.operaroma.it