Lo scorso 5 settembre al Teatro San Carlo si è tenuta la serata de “Le Maschere del Teatro Italiano” che ha visto premiati dodici artisti del mondo del teatro nostrano in ben dodici categorie. Ecco un prospetto dei vincitori:
PRIMA CINQUINA DEI PREMIATI
Miglior attore non protagonista: Tonino Taiuti per Circo Equestre Sgueglia prodotto da Teatro Stabile di Napoli, Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia, Teatro di Roma.
Miglior costumista: Zara De Vincetiis per “Antonio e Cleopatra” regia di Luca De Fusco, prodotto da Teatro Stabile di Napoli, Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia, Arena del Sole | Nuova Scena – Teatro Stabile di Bologna
Miglior scenografo: Maurizio Balò per “Antonio e Cleopatra”.
Miglior REGIA: Luca De Fusco per “Antonio e Cleopatra”.
Miglior Attrice Protagonista: Elisabetta Pozzi per “Agamennone” per la regia di Luca De Fusco (nella terzina anche Gaia Aprea per “Antonio e Cleopatra”)
SECONDA CINQUINA DEI PREMIATI
Miglior spettacolo di prosa: Le sorella Macaluso di Emma Dante (nella terzina concorrevano Frost/Nixon di Elio Capitani e Ferdinando Bruni e Circo Equestre Sgueglia)
Miglior attore protagonista Pierfrancesco Favino per “Servo per due” della compagnia Gli Ipocriti (in gara con Luca Lazzareschi per “Antonio e Cleopatra” e Massimiliano Gallo per “Circo Equestre Sgueglia”)
Miglior attrice non protagonista: Ariella Reggio per “Boeing Boeing”. (finalista con Patrizia Milani per “La brocca rotta” prodotto dallo Stabile di Bolzano, il cui direttore Marco Bernardi è stato membro di giuria).
Miglior Autore di musiche: Simone Cristicchi per “Magazzino 18” (fra i tre finalisti di questa categoria competeva Ran Bagno per “Antonio e Cleopatra”.
Miglior attore emergente: Lino Musella con “La società”.
Completano i premi:
Miglior interprete di monologo: Alessandro Preziosi per “Cyrano sulla Luna”.
Autore di novità italiana: Gianni Clementi per “Lo sfascio”.
Premio del Presidente di giuria: Giuliana Lojodice.
Qualche piccola riflessione:
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Il premio è chiaramente finanziato dal Teatro Festival Italia (dai relativi fondi europei) la cui direzione è di Luca De Fusco, e dalla Fondazione Campania dei Festival. Non tutti forse rammentano che il premio Le Maschere del teatro italiano è diretto discendente de Gli Olimpici del Teatro Italiano creati dall’ormai soppresso E.T.I., dallo Stabile del Veneto, Regione Veneto e Comune di Vicenza, esistente sino al 2009 quando lo stesso Luca De Fusco era a capo dello Stabile del Veneto, e difatti il noto riconoscimento nacque anche per sua sollecitazione. Nessun cambiamento effettivo, quindi, se non uno solo apparentemente geografico e nominale (si sposta De Fusco, si spostano i premi e in più l’E.T.I viene soppresso).
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La critica che mezzo mondo teatrale muove a De Fusco parte dal fatto che oltre a divenire direttore artistico dello Stabile di Napoli (nomina che fu accolta fra polemiche) dal 2011, proprio nello stesso anno, prese l’incarico della direzione artistica del Napoli Festival Italia che era allora di Renato Quaglia. Inoltre al suddetto festival compare anche in qualità di regista di alcune opere e inserite poi nel cartellone invernale dello Stabile.
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La Giuria. Alcuni hanno chiamato in causa la stessa giuria che è composta dai più importanti giornalisti italiani, dunque, nomi prestigiosi, per citarne alcuni: Masolino D’Amico e Giulio Baffi i quali di certo non possono essere tacciati di nulla. Ma a parte Andrea Porcheddu, giornalista della rivista online Linkiesta.it, tale parterre è costituito solo dalla vecchia retroguardia di critici, ed è quasi assente la componente della critica teatrale virtuale che tanto virtuale non è, considerando il fatto che la cultura teatrale oggi come oggi è divulgata specialmente attraverso simili realtà, per di più da giovani che magari sono molto preparati. Inoltre, il Presidente di Giuria è Gianni Letta che corona un sistema giudicante praticamente inattaccabile per qualità e per autorevolezza, insieme con quasi 500 addetti ai lavori (non ne abbiamo una lista) che hanno espresso le proprie preferenze. Tuttavia nell’iter c’è stato un momento nel quale le discussioni intorno alla costituzione delle terne si sono svolte in una serata aperta al pubblico, una presenza popolare anonima quanto blanda che non ne ha valorizzata la sinergia in quanto pare un ulteriore svilimento di essa, come massa umbratile dietro quella, altrettanto opaca, dei cinquecento.
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Le terne. Più o meno due terzi delle terne hanno a che fare con Luca De Fusco (come si evince sopra) o con il Napoli Teatro Festival o con la stessa città partenopea e quindi parte dello stesso meccanismo.
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La qualità. Non si può discutere su Favino o sulla Pozzi, o su Circo equestre Sgueglia, il Premio Le Maschere si avvale del criterio più ovvio, quello di premiare personalità di grande rilievo artistico e tecnico, ma che finisce di rendere ancora più banale il valore del riconoscimento.
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Premio Le Maschere del teatro ITALIANO. La questione potrebbe essere ridotta solamente a questo aggettivo visto che gran parte delle terne riguardano la nostra città. Lampante è l’autoreferenzialità della statuetta e su questo se ne è ampiamente discusso. Ma è molto più patetico pensare che il 90 per centro della nostra cultura teatrale contemporanea giaccia sommerso. Mentre il Teatro San Carlo misura con la sua impareggiabile bellezza i tratti di una “società” decadente in quanto murata dalle proprie asettiche caste , questa stessa società ritira il Teatro nei suoi interni, togliendogli la sua precipua natura di dimensione sociale, antropologica e culturale. Gran parte delle novità, delle innovazioni e ricerche, e quindi sostanzialmente la dinamicità spazio-temporale del Teatro e soprattutto il suo rapporto col reale, è fuori dal Massimo napoletano. Per fortuna, verrebbe da dire.
Difatti, paradossalmente in una situazione che pare così impermeabile e settaria, la curiositas di chi scrive di Teatro e chi lo fa resterebbe quella spinta che ci faccia conoscere tutto ciò che resta sommerso in queste occasioni di ufficialità, e traghettarci attraverso nuove frontiere della comunicazione, ad una conoscenza vitale di esso. Il pubblico come la critica devono essere invitati ad essere curiosi, e a svincolarsi da un ruolo passivo che come si evince dall’iter dei giudicanti continua ad avere nel nostro paese. Perché oggi le vie della comunicazione e di approccio conoscitivo sono davvero infinite, e magari più efficaci di una differita su Rai 1.