cantava Giorgio Gaber nel lontano Festival di Sanremo del 1961, per raccontare una tormentata storia d’amore. E sono proprio questi gli ingredienti che Enzo Iacchetti mette in scena per infiammare il pubblico e farlo “bruciare d’amore” per uno dei più grandi cantautori del nostro tempo. La stagione del Teatro Duse di Bologna apre con Chiedo scusa al Signor Gaber, uno di quegli spettacoli che scalda il cuore con i ricordi, che fa ridere, cantare, muoversi a ritmo sopra le sedie. La benzina usata da Iacchetti è la Witz Orchestra che con i suoi trenta elementi diffonde note musicali in ogni angolo del teatro e il cerino è proprio lui, Enzo Iacchetti che decide di intraprendere quest’ardua avventura focalizzandosi sul primo repertorio del suo grande amico Giorgio Gaber, con la ferrea volontà di eludere ogni possibile imitazione.
Proprio per evitare questa possibilità, l’attore comico ha deciso di riprendere i vecchi brani del cantautore milanese e, grazie all’aiuto di Tony Soranno (un corista della Witz Orchestra), contaminarli con incursioni musicali di altri autori, anche recenti. I brani ne escono stravolti ma con una nuova vitalità, un nuovo brio, un nuovo vestito che calza a pennello. E non stona ascoltare in un testo di Gaber dei frame di Jovanotti, Carrà, Jannacci e tanti altri.
Così Enzo Jacchetti con la sua buona performance di cantante (quella d’intrattenitore già si conosceva) e con l’accompagnamento della magnifica orchestra – tra cui spicca il soprano Loretta Califra – ci fa rivivere le magiche atmosfere create da Gaber con canzoni che ci raccontano delle osterie milanesi dove scorre “Trani a go go”, e per vedere meglio “Com’è bella la città” basta salire su una “Torpedo blu” e andarsi a fare un giro. Non mancano gli aneddoti che accompagnano i testi, come quello, ormai storico, di “Cerutti Gino” il giovanotto del bar del Giambellino che una sera cerca di rubare la lambretta del cantautore. Anche i momenti più filosofici, cui tanto siamo affezionati ripensando a Giorgio Gaber, non si fanno attendere e, ascoltando “Se ci fosse un uomo” si rivive appieno la ricchezza del pensiero e la profonda riflessione che ci sono state tramandate da questo grande uomo.
I monologhi infine non sono mancati e hanno anch’essi seguito le impronte di pensiero critico del cantautore milanese ma con un occhio a quegli aspetti della società che, lo stesso Gaber, oggi vedrebbe come assurdi: un esempio per tutti il fenomeno Facebook, in cui si fa la gara a chi ha più amici, a quanti “mi piace” ci sono nel profilo, salvo poi trovarsi completamente soli quando si decide di andare a prendere un caffè. Molto commovente anche la visione di Gaber e Jannacci che, dopo una serata insieme, uno alticcio e uno trasognante, danno vita a un dialogo surreale per le vie di Milano.
Tutto questo è “Chiedo scusa al signor Gaber”, uno spettacolo divertente, ironico, malinconico e coinvolgente. E, alla fine, viene da pensare che anche il “Signor G”, da lassù, si sia fatto una bella risata di assenso.