Dramma giocoso in due atti
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Libretto di Lorenzo Da Ponte
Maestro concertatore e direttore: Stefano Montanari
Regia: Damiano Michieletto
Scene: Paolo Fantin
Costumi: Carla Teti
Light designer: Fabio Barettin
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Maestro del Coro: Claudio Marino Moretti
Maestro al cembalo: Roberta Ferrari
Personaggi e interpreti (primo cast)
Don Giovanni: Alessio Arduini
Donna Anna: Jessica Pratt
Don Ottavio: Juan Francisco Gatell
Il Commendatore: Attila Jun
Donna Elvira: Maria Pia Piscitelli
Leporello: Alex Esposito
Masetto: William Corrò
Zerlina: Caterina Di Tonno
Don Giovanni di Mozart, presentato nel fortunato allestimento del 2010 firmato Michieletto-Fantin-Teti, è il penultimo titolo della stagione 2013/2014 del Teatro La Fenice di Venezia. Ripreso in cartellone più volte negli anni passati, può davvero essere considerata una produzione di punta della fondazione veneziana.
Damiano Michieletto, giovane regista che vanta ormai una carriera internazionale, è fine conoscitore dei sentimenti umani. Fonda questo perfetto dramma giocoso su un principio semplice e congeniale al libretto ossia Don Giovanni come polo magnetico dell’azione verso cui tutti sono attratti e senza il quale la vita perde senso. Il seduttore per antonomasia, insensibile Unheimliche freudiano, è colui di cui si parla in continuazione anche quando è assente, colui che usa e getta via le sue marionette ormai consumate dai “cento affanni e cento”. Michieletto sa conciliare sapientemente i lati tragico e comico dell’intreccio, unendo a una forte ma mai eccessivamente volgare vena erotica un’originalità narrativa che evidenzia adeguatamente i caratteri delle varie dramatis personas. La scelta di ambientare la vicenda in un palazzo ricco di porte che vengono aperte istericamente in una spasmodica ricerca del perfido è funzionale alla portata drammatica del testo. La scenografia, ben concepita da Paolo Fantin, è fatta di pareti rotanti su se stesse e delimitanti vuote stanze da cui non c’e scampo. E’, per astrazione, anche il simbolo di una libertina selva d’amore, sempre che di esso in Don Giovanni si possa parlare, e degli autoinganni che la mente innamorata partorisce. In questo contesto, l’uso sapiente delle luci di Fabio Barettin crea suggestivi giochi di ombre sulle settecentesche tappezzerie, ove i personaggi diventano giganti. I costumi di Carla Teti sono classici e dalle tinte slavate, apparentemente impregnati dai diversi umori organici dei proprietari.
Il primo cast si rivela davvero affiatato, dimostrando di aver compreso appieno le volontà del regista. Va segnalato come gli interpreti maschili abbiano una marcia in più. Alessio Arduini è una piacevolissima rivelazione. Giovane baritono a suo agio sia nel registro grave che acuto, possiede un fraseggio pulito e un considerevole controllo della voce. Incarna un Don Giovanni esemplare, dal particolare fascino erotico e di elevata qualità. Juan Francisco Gatell ha il difficile compito di dare corpo a Don Ottavio, a cui sono affidate due arie complesse. Il tenore si rivela all’altezza delle arditezze tecniche richieste da Mozart, sfoggiando acuti sicuri, buona intonazione e omogeneità vocale. Riesce così a valorizzare appieno un ruolo che altri artisti spesso rendono anonima e dimenticabile. Alex Esposito abita la sua seconda pelle, Leporello, con disinvoltura e competenza, frutto di un’esperienza consolidata nel tempo. Risalta tutta la sua maestria nell’aria del catalogo, risolta da Michieletto attraverso una valigia piena di lettere da scaricare addosso alla povera Donna Elvira. William Corrò, giovane artista veneziano, dà voce con maturata consapevolezza al tormentato Masetto. Attila Jun interpreta il Commendatore in maniera accettabile.
Jessica Pratt regala al pubblico un’esecuzione altalenante ma generalmente gradevole. Pur sembrando temere il registro acuto, esegue con gusto Non mi dir, bell’idol mio. Donna Anna è totale incarnazione dell’inquietudine che nasce dal non detto, dalla dissimulazione nei confronti di Don Ottavio e dalle malandrinate compiute con Don Giovanni nella sua stanza e bene riesce il soprano australiano a calarsi nella parte. Maria Pia Piscitelli, l’isterica Donna Elvira, monomaniaca di un amore che è pura idealizzazione, offre una prestazione nel complesso corretta, sebbene a tratti presenti alcuni limiti di estensione vocale. Dà il meglio di sé in Mi tradì quell’alma ingrata, momento in cui il regista fa girare vorticosamente tutta la scena in un geniale connubio tra sgomento interiore e rabbia esteriore. Caterina Di Tonno è una raffinata Zerlina che però risente di una voce poco proiettata e querula.
L’Orchestra è in forma smagliante e ciò si deve alla superba performance di Stefano Montanari. Con un meraviglioso gesto di direzione, Montanari sfrutta al massimo le potenzialità di ogni sezione e valorizza in maniera coerente il linguaggio mozartiano che mescola, in un raffinato e continuo gioco di rimandi tra scena e buca, musica e parola.
Il Coro, preparato da Claudio Marino Moretti, si rivela al di sotto delle consuete aspettative.
Applausi calorosi per tutti, meritate ovazioni per Esposito, Arduini, Pratt e Montanari.