Sotto la nuova direzione artistica di Antonio Calbi, il Teatro Argentina di Roma apre ufficialmente la nuova stagione 2014/2015 all’insegna di Shakespeare, festeggiando il 450esimo anniversario della nascita del Bardo con Il Mercante di Venezia diretto da Valerio Binasco.
Valerio Binasco aveva stupito qualche anno con una strepitosa rivisitazione di Romeo e Giulietta all’Eliseo dando vita in quell’occasione la Popular Shakespeare Kompany, protagonista anche de La tempesta e di questo Mercante. Ecco, proprio il nome della compagnia lascia intendere lo stile anche dei successivi lavori tanto che anche il Mercante di Venezia diventa un allestimento moderno e pop, decisamente coraggioso che ricalca la linea intrapresa con il Romeo e Giulietta.
Ora che Shakespeare sia un autore che si presti in pratica a qualsiasi rivisitazione è ovvio (basti pensare anche agli adattamenti cinematografici con lo psichedelico Romeo e Giulietta di Luhrmann) e che ciò rappresenti proprio la sua estrema modernità, anche. In tal ottica, l’operazione registica di Binasco (adesso sugli schermi nel ruolo di Pietro Giordani ne Il giovane favoloso di Mario Martone) appare notevolmente coraggiosa, nulla affatto scontata e di certo mai noiosa per il pubblico, magari anche a tratti infastidito da tal modernità in un testo.
Anche in questo caso a Binasco interessa poco o nulla la scenografia sempre molto essenziale e con pochi oggetti, ma si interessa soprattutto a trasformare il testo in una commedia pop, spogliando i personaggi dei costumi storici (gli abiti moderni sono di Sandra Cardini) e calandoli in un contesto tutto italiano: che sia Venezia o Belmonte poco importa perché tutto sembra essere quasi quasi provinciale in un coacervo di incontri e di cadenze linguistiche diverse, di come accade nell’evidente accento di Orlando-Shylock, molto marcato.
Una rottura all’insegna della quotidianità che s’inserisce anche nell’incipit dove i personaggi chiacchierano come nullafacenti al bar, quando Bassanio (l’ottimo Andrea Di Casa) parla del suo amore per la ricca Porzia (un po’ stravolta in minigonna fuxia e capelli biondo platino) e riceve l’aiuto di Antonio che si rivolge a sua volta a Shylock.
“La terribile, umiliante, meschina sconfitta di Shylock – dice Binasco – giusta o non giusta che sia, mi mette a disagio. Annuncio fin d’ora che starò dalla sua parte… Gli eroi di questa storia non sono degli eroi. Stanno in seconda e terza fila nella vita. La guardano dal tavolino di un bar. In apparenza sono dei ricchi sfaccendati che si divertono molto ad essere ricchi e sfaccendati, ben identificati col loro ‘clan’. Ma è solo apparenza. A ben vedere hanno delle inquietudini. Delle malinconie. Hanno dentro una spinta che li porta al gesto rischioso, all’avventura. Il fatto che siano sempre avventure condivise con gli amici fa di loro degli eroi un po’ paesani, creatori di aneddoti più che di leggende. La legge della loro vita è fare della vita un gioco fatuo”.
Tutto in realtà è interamente giocato sull’ambivalenza del concetto del bene e del male, fra una moltitudine di uguali (i cristiani) e l’approccio con il diverso (l’ebreo) nella rutilante Venezia commerciale del XVI secolo. Ma la tensione emotiva, il confine tra il bene e il male vengono affidati soprattutto a Bassanio, Antonio e Shylock: grandi protagonisti in scena sono senza dubbio Silvio Orlando come Shylock (ma il Mercante non è solo Orlando), cinico, vendicativo, calcolatore e fragile, e in particolare Nicola Pannelli nel ruolo del mercante Antonio, generoso e pronto al sacrificio per l’amico, ma a tratti arrogante, entrambi abilissimi nell’interpretare due personaggi molto diversi che dimostrano come nella commedia si superi spesso il labile confine di bene e di male che si respira in un testo di cupa e insita di tragicità.
“Del resto il bene e il male si spostano di continuo nel corso della pièce – spiega Binasco – Ora Shylock è buono; ora è cattivo. Ora Antonio è il male; ora il bene. Una legge è ingiusta, e poi è giusta. Una musica brutta di giorno, diventa bella di notte. Dipende dalle circostanze. Questa è una verità moderna e inattaccabile. È la morale della favola. La sua verità”.
La compagnia di attori appare già molto ben affiatata e in grado di supportare la giusta trasformazione dei personaggi anche nell’ottica del regista: da segnalare in particolare la coppia Porzia (Elisabetta Mandalari)-Nerissa (Milvia Marigliano) che appare particolarmente comica e l’impacciato Lancillotto del brillante Sergio Romano. Lo spettacolo s’inserisce all’interno del cantiere del teatro Shakespeare alla nuova italiana, una fra le innumerevoli proposte di eventi e di spettacoli della nuova stagione del Teatro di Roma. Le luci di Pasquale Mari creano affascinanti e sinistri effetti ombra spesso proiettati negli angoli delle scene, le scenografie sono spoglie o semplicemente suggerite, lo spettacolo, suggellato dalle musiche di Arturo Annecchino. In scena fino al 2 novembre.