di Luigi Pirandello
con Gabriele Lavia
e con in o.a. Massimiliano Aceti, Ludovica Apollonj Ghetti, Alessandro Baldinotti, Daniele Biagini, Rosy Bonfiglio, Maria Laura Caselli, Michele Demaria, Giulia Gallone, Giovanna Guida, Lucia Lavia, Andrea Macaluso, Luca Mascolo, Mario Pietramala, Marta Pizzigallo, Matteo Ramundo, Malvina Ruggiano, Alessio Sardelli, Carlo Sciaccaluga, Anna Scola.
scene Alessandro Camera – costumi Andrea Viotti – musiche Giordano Corapi
regia Gabriele Lavia
produzione Fondazione Teatro della Pergola
La stagione 2014/2015 del Teatro della Pergola si inaugura venerdì 24 ottobre con la prima nazionale dei Sei personaggi in cerca d’autore diretto e interpretato da Gabriele Lavia.
Nel 1948, dopo che la guerra aveva danneggiato il palcoscenico, la Pergola fu inaugurata nuovamente con i Sei personaggi. La regia era di Orazio Costa, con Tino Buazzelli nel ruolo del Padre e Rossella Falk in quello della Figliastra. Lo stesso testo inaugura oggi la nuova Stagione della Pergola e il suo nuovo cammino produttivo, prima della tournée nei teatri italiani.
Pirandello scrive la commedia in soli tre giorni, la legge personalmente alla compagnia di Dario Niccodemi, tra lo sconcerto degli attori travolti dall’impeto delle parole e dall’entusiasmo. “Ma nessuno aveva capito niente” racconta lo stesso Niccodemi, e solo i ventuno giorni di prove (tre volte il tempo dedicato all’epoca agli allestimenti delle novità) poterono fare luce, a poco a poco, nell’opera destinata a diventare un capolavoro. Lo sconcerto iniziale diventa vera e propria battaglia al termine della tumultuosa prima romana al Teatro Valle nel maggio del 1921. Il pubblico mostra rumorosamente, alla fine del terzo atto, in platea, il suo dissenso urlando Manicomio! Manicomio!, soffocando gli applausi convinti e appassionati degli estimatori. Gli spettatori indignati attendono in strada lo stesso autore, che si allontana dall’uscita degli attori nel cosiddetto ‘vicolo dei gatti morti’, per lanciargli insulti e monetine. Qualche mese dopo a Milano i Sei personaggi applauditi senza riserve iniziano il cammino che li porterà a diventare un successo internazionale anche a Parigi, Londra e New York. Nonostante questo i Personaggi continuano a reclamare riscritture e revisioni all’autore che ne definisce la composizione nell’edizione del 1925, la completa con una storica prefazione e la dirige al suo nuovo debutto.
“I Sei personaggi sono una lunga avventura alla quale vado incontro – ha detto Lavia – posso dire altrettanto per quanto riguarda il mio impegno come consulente artistico della Pergola. Abbiamo in mente un teatro diverso, un luogo aperto nel quale ciascuno venga ad assistere alla rappresentazione di sé. Sei personaggi in cerca d’autore è probabilmente il testo di teatro più importante di tutti i tempi – prosegue – Esso interroga il fondamento stesso del teatro: la contraddizione e la discordanza tra l’attore e il personaggio e l’impossibilità a fare dei due una sola unità. Ma dice Eraclito: “Da ciò che è più discorde, lo splendido accordo”.
Con Gabriele Lavia nel ruolo del Padre, recitano: La Figliastra Lucia Lavia, La Madre Rosy Bonfiglio, Il Figlio Andrea Macaluso, Il Giovinetto Ludovica Apollonj Ghetti, Madama Pace Marta Pizzigallo, Il Direttore-Capocomico Michele Demaria, La Prima Attrice Giulia Gallone, Il Primo Attore Mario Pietramala, La Seconda Donna Giovanna Guida, L’Attrice Giovane Malvina Ruggiano, L’Attor Giovane Luca Mascolo, Un altro attore Daniele Biagini, Un’altra attrice Maria Laura Caselli, Un’altra attrice Anna Scola, L’Attore-Segretario Matteo Ramundo, Il Suggeritore Alessandro Baldinotti, Il Direttore di Scena Carlo Sciaccaluga, Il Macchinista Massimiliano Aceti, L’uscere Alessio Sardelli,
La tournée:
24 ottobre | 2 novembre 2014_ Teatro della Pergola, Firenze PRIMA NAZIONALE
20 gennaio | 1 febbraio 2015_ Teatro Carignano, Torino
3 | 15 febbraio _ Teatro Elfo Puccini, Milano
17 | 22 febbraio 2015_ Teatro Morlacchi, Perugia
3 | 8 marzo 2015_ Teatro della Corte, Genova
Le repliche dello spettacolo saranno accompagnate dall’esposizione della gallery dei protagonisti dello spettacolo ritratti da Filippo Milani, fotografo, filmaker e musicista, nel mondo della moda e della pubblicità dal 1971.
www.teatrodellapergola.com
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Gabriele Lavia
NOTE DI REGIA
Chi sono questi Sei personaggi … che entrano dal fondo della platea di un teatro
“in cerca d’autore… uno qualunque” ?
La Madre, di umili natali, non è in grado di scrivere e l’uomo con cui ha avuto
un’altra famiglia era un “pover’uomo”.
Il primo marito, il “Padre”, non è ricco, ha una casa modesta.
“Dormivamo in quattro in una camera” dirà la “Figliastra”. Quindi, si suppone, che il Padre
e il Figlio dormissero insieme in un’altra camera. Le femmine da una parte e i maschi dall’altra.
Poi il Figlio ci dice di avere visto il Padre e la Madre (adultera) essere maschio e femmina
e non Padre e Madre. Quando? Appena nato? No, perché è andato “a balia” in campagna.
Quando, allora? L’unica possibilità è al ritorno della Madre (adultera) nella casa del Padre, dopo
la morte del “convivente pover’uomo”. È probabile che ogni tanto, la madre lasciasse la camera
delle fimmine e andasse in quella dei masculi… forse la trascinava il Padre, in camera sua, a compiere
il dovere coniugale… che bella famigliuola! La Figliastra diventerà una prostituta. Il Figlio
“è cresciuto… così…” un po’ strano… chissà come! Il ragazzo si suicida e la Bambina si annega.
Non basta il Padre “filosofo autodidatta” a rattoppare questa orribile famiglia italiana, siciliana e
senza Dio. Il Padre non ha fede e gli altri? Nessuno si rivolge mai a Dio…
Pirandello ci dice che ha scritto questa “commedia per liberarsi da un incubo”. La sua Arte,
aggiunge, ha una “una servetta sveltissima e non per tanto nuova sempre del mestiere”. Questa
Fantasia è “dispettosa e beffarda, se ha il gusto di vestir di nero”, ma non per esser seria. Si veste
di nero “alla bizzarra”!
Sappiamo dunque dallo stesso Pirandello che ci troviamo di fronte a una Commedia. Beffarda.
Nera ma non seria. Bizzarra. Una specie di “incubo” non troppo serio.
Questa bizzarra commedia nera è un’opera unica nella Storia del Teatro.
Ci sono opere, grandi opere, opere immortali e poi c’è Sei personaggi in cerca d’autore,
l’opera teatrale che non ha paragoni. Unica nella concezione, nella struttura, nell’argomento.
Sofocle, con l’Edipo Re, nel V secolo a.C. definisce il Teatro occidentale. Pirandello e i suoi
Sei personaggi, nel 1921, sono responsabili del suo smontaggio definitivo: la trama e la narrazione
improvvisamente non sono più l’oggetto principale del testo: i colpi di scena, i canonici
nodi drammatici sono posti in secondo piano, messi da parte – sappiamo già qual è il destino di
ognuno dei Sei personaggi fin dalle prime battute. L’intreccio è così ridotto al minimo e, con esso,
sono dimenticate quasi tutte le strategie di scrittura che per secoli gli autori hanno impiegato per
comporre un dramma.
L’idea stessa di rappresentazione è messa in crisi con l’irruzione di sei spettri vestiti a
lutto in un teatro dove rappresentare significa mettere in scena il reale (il fatto) e non la verità. Per
restituire lo scandalo di questa entrata improvvisa e sconvolgente bisogna pensare e realizzare
la differenza tra i personaggi e gli attori. Una guerra di mondi e di linguaggio – l’italiano perfetto
e impostato degli attori, l’italiano brutale, quasi dialettale, e selvaggio dei personaggi. I Sei sono
un nucleo familiare, siciliano, carnale e impregnato nella sua essenza di una fisicità che il mondo
della rappresentazione non conosce: chi è chiamato a rappresentare è un fantoccio, responsabile
e custode della finzione, sacerdote inconsapevole della religione della realtà con tutti i suoi riti
fatti di convenzioni e di scelte per il pubblico. Ma Pirandello è un filosofo e avverte che il Pensiero
Occidentale, in crisi, si sta riavvicinando al concetto di Verità come A-LETEIA. La Svelatezza.
IL MIO PIRANDELLO IN CERCA DELLA VERITÀ
Conversazione con Gabriele Lavia
Cinquant’anni sulla scena e ancora al debutto: regista e interprete dei Sei personaggi in
cerca d’autore. Quanti Pirandello bisogna attraversare per arrivare a questo traguardo?
È certamente lo spettacolo più difficile che abbia mai fatto. Quando ho cominciato a studiarlo
ne ho avuto subito la sensazione. Poi ho iniziato a farlo e mi sono reso conto che è ancora
più difficile di quanto mi era parso leggendolo. Siamo sempre in 21 in scena. Sempre. Questo da
un punto di vista tecnico e artistico è una grande complicazione: anche chi non parla deve recitare.
Quale edizione ha scelto di mettere in scena?
Come sottolinea Guido Davico Bonino, escono quattro edizioni dei Sei personaggi tra il 1921 e il 1925. La grande differenza sta tra quella del ’21 e quella del ’25, dove ci sono delle modifiche sostanziali, tanto nelle battute quanto nella dislocazione delle scene. L’edizione che metto in scena è quella del ’25 con alcune aggiunte del ’21. Una battuta certamente soppressa nel ’25 è quella dove Pirandello dichiara il suo essere ateo e, insieme, la sua malinconia verso il suo stesso ateismo: ho pensato fosse bene tenerla, non tanto perché aggiunge qualcosa all’intreccio, quanto perché dà un colore strano al personaggio del Padre che è lo specchio di Pirandello (figlio di genitori atei), sia pure deformato o anche ironizzato. La scena, ad esempio, tra la Bambina e la Figliastra nei miei Sei personaggi non avviene nel finale, come nel ’25, ma all’inizio del secondo atto (ho diviso lo spettacolo in due tempi). Invece di far arrivare come un colpo di scena la morte
della Bambina, nel ’21 Pirandello la raccontava tutta prima. Poi, l’ha spostata in fondo. Non so
bene perché: forse voleva dare un effetto teatrale in più. Io ho scelto di mantenere la prima versione perché mi sembra più violenta, balza subito agli occhi. Un giorno, per caso, mi è capitato tra le mani il libro su cui studiò il mio maestro Orazio Costa quando mise in scena i Sei personaggi
alla Pergola, nel 1948, alla riapertura dopo la guerra: aveva fatto il mio stesso intervento. Per
quello che so anche Strehler adottò l’edizione del ’21 in molte parti, sicuramente riguardo alla
posizione della scena di cui stiamo parlando. Avere due precedenti così illustri mi conforta.
Chi sono per lei i Sei personaggi?
Non lo so. Potrebbero anche essere degli imbroglioni, chissà. Questo è un testo filosofico.
Ci si domanda: cos’è la messa in scena? È possibile che il teatro, anzi, che il mondo del teatro possa mettere in scena il testo di un autore? No, non è possibile. L’unico modo, allora, per cui il teatro possa fare il teatro è che si corrompa all’interno del corpo di un attore. La grande contrapposizione che il testo impone è tra la realtà e la verità. Nella realtà può accadere che si metta in scena un personaggio. Nella verità no. La messa in scena rinuncia totalmente a una verità assoluta per entrare in una verità maldestra.
In altri termini: è possibile che una società borghese possa incarnare la tragedia? Gli Attori
della Compagnia sono borghesi e si trovano di fronte a una tragedia più grande di loro, anche
se popolare, anche se con questo “odore” di profonda Sicilia. I Sei personaggi non vengono da
una città, non vivono a Milano, a Roma, o a Parigi, abitano, credibilmente, in uno di quei paesini
che sono familiari a Pirandello per le sue novelle e i suoi romanzi. Sono personaggi provinciali,
storti, sghembi, strani, piccoli, gretti, gobbi. Sono caratteri espressionisti, com’era la scenografia
della versione di Costa. Pirandello è una specie di Otto Dix siciliano. Se Otto Dix fosse nato in
Sicilia avrebbe dipinto i siciliani esattamente come dipingeva i suoi tedeschi.
Una delle maggiori critiche mosse a Pirandello nel ’21 fu che c’era una sostanziale comunanza tra i Sei personaggi e gli Attori della Compagnia. Distinzione che, nel ’25, accentua maggiormente, focalizzandola su un piano metateatrale.
Pirandello cerca “una diversa colorazione luminosa per mezzo di appositi riflettori” oppure
“speciali maschere per i personaggi: maschere espressamente costruite d’una materia
che per il sudore non s’afflosci e non pertanto sia lieve agli Attori che dovranno portarle”. Vuole
qualcosa da regista, perché in fondo queste sue didascalie introduttive sono indicazioni registiche.
Probabilmente sta cercando un modo diverso di essere in scena. Quel modo diverso
che poi un genio assoluto, uno dei profeti del teatro, Antonin Artaud, riuscirà a teorizzare, sia
pur provvisoriamente.
Il suo modo, invece, qual è?
Non c’è niente di più infedele della fedeltà. Quando dico, civettuolamente, di essere fedele
al testo, confesso la mia assoluta infedeltà. Però parto da esso, in una forma di traduzione esperita
in maniera profonda, nel senso che tradurre è innanzitutto tradursi. Dobbiamo sempre fare i
conti con il nostro corpo, i nostri mezzi e le nostre possibilità. Il teatro è sempre un tentativo. Con
i Sei personaggi ci troviamo di fronte a una poesia. Pirandello cosa fa dire al Padre a proposito
del Primo Attore che lo interpreterà? “La rappresentazione che farà — anche forzandosi col trucco
a somigliarmi… — dico, con quella statura difficilmente potrà essere una rappresentazione di me,
com’io realmente sono. Sarà piuttosto — a parte la figura — sarà piuttosto com’egli interpreterà
ch’io sia, com’egli mi sentirà — se mi sentirà — e non com’io dentro di me mi sento.” Poi aggiunge:
“mi pare che di questo, chi sia chiamato a giudicare di noi, dovrebbe tener conto.” Perché certe
volte Pirandello si trovava a mal partito con gli attori che facevano cose che a lui non piacevano.
Qui ci sono sei personaggi di Otto Dix che si presentano a una compagnia di Preraffaelliti.
Cosa vuol dirci con questo Pirandello?
Che la società italiana – gli Attori della Compagnia – non potrà mai evolversi, potrà solo
fuggire. Gli Attori, infatti, fuggono dal teatro perché incapaci di incarnare il mito, incapaci di radicarsi nella loro origine.
Mi piace ricordare che un buon insegnamento da dare ai propri figli è guardare al futuro.
Il che vuol dire voltare gli occhi all’interno, come dice Rilke. Rainer Maria Rilke afferma che la
bestia ha gli occhi verso il fuori e guarda l’anteriore, cioè il suo essere bestia. L’uomo, invece, li ha
girati in dentro e così riesce a guardare il posteriore, che vuol dire dietro, cioè il futuro. La società
descritta da Pirandello non coglie lo sguardo di una origine. Come la nostra, peraltro.
A proposito di rapporto “paterno” con il futuro, lei in scena è il Padre e sua figlia Lucia è la Figliastra. Questo come si riverbera sul conflitto tra realtà e verità di cui parlava prima?
Bisognerebbe essere uno psicanalista per indagarlo, ma credo sarebbe una perdita di tempo. La Figliastra è il più bello dei Sei personaggi. Ho chiamato Lucia perché mi sembrava potesse fare il ruolo, nonostante sia giovanissima, perciò ancora acerba. La Figliastra, in genere, viene fatta da attrici più mature, che certamente portano in scena una maggiore esperienza.
Non portano, però, l’inesperienza. La Figliastra viene descritta da Pirandello nell’introduzione
all’edizione del 1925 come “una giovinetta ardita e procace, vestita anch’essa di nero, ma con
uno sfarzo equivoco e sfrontato, tutta un fremito di gaio sdegno mordente contro quel vecchio
mortificato” che sarebbe il Padre. Se noi togliamo alla Figliastra l’essere poco più di una bambina,
diventata poi prostituta, togliamo una costruzione poetica enorme. Come posso meravigliarmi
se a farlo è una donna di 35-40 anni? Tutto un altro discorso, invece, se ho un’attrice che quando
gioca con la Bambina sembra anche lei una bambina, se la Figliastra è una ragazzina con un abito
da sera equivoco da apparire una bambina truccata, come certe prostitute dell’Oriente, dove
anche tanti italiani vanno per turismo sessuale. Volevo questo e spero di non avere sbagliato.
È un ruolo difficilissimo, c’è una tradizione molto forte, probabilmente molto più forte
che nel Padre, anche se mia figlia ha visto soltanto la madre, Monica Guerritore, fare la Figliastra
quando io facevo il Padre e la regia era di Mario Missiroli. Monica aveva 35 anni, non 18, come
indica Pirandello nella didascalia che presenta i Sei personaggi. Lucia ne ha 22 (da compiere), ma
tra 22 e 35 ci sono due figlie di differenza!
Se dovesse descrivere Pirandello che immagine userebbe?
Per me è una fotografia. Un giorno, quello che io considero il più grande attore e regista del Dopoguerra, Gianni Santuccio, mi fece un regalo per Natale: un libro di foto di Pirandello.
Ce n’è una scattata al Lido di Camaiore, d’estate. Pirandello è su un pattino ed è vestito di tutto
punto, con la giacca, le ghette, i guanti. Sembra il Padre dei Sei personaggi. Sta remando, ma il
pattino non è sul mare, è sulla sabbia. Magnifica. Vale un saggio critico.
Matteo Brighenti