Un corpo è steso sul palco del Teatro Grassi e nel silenzio spezzato da un abbaiar di cani un uomo si avvicina al corpo è Pier Paolo Pasolini, nelle vesti di Roberto Herlitzka (uno degli interpreti di più intenso, spessore poetico e drammatico della scena italiana) che si appresta a recitare un’orazione funebre sul suo stesso corpo straziato di sangue e di violenza. La scena rievoca lo squallore notturno dell’Idroscalo di Ostia dove il 1 novembre del 1975 fu ucciso Pasolini (poliedrico artista, poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo) vittima di una cultura virilistica e omofobica.Bisogna morire per rivedere la vita come in un montaggio cinematografico messo in scena dal regista Antonio Calenda con le poesie e lo struggente poema scritto per i morti di Piazza Fontana e con il corpus dei testi pasoliniani rimessi in ordine e rielaborati da Gianni Borgna (recentemente scomparso) che illustra l’uomo e il pensatore. In realtà non è, come si poteva pensare, un’orazione funebre o un requiem agiografico, quello che il grande Herlizka porta in scena è una sorta di transustanziazione. È Pasolini stesso che, attraverso il medium si lascia andare ad un flusso di ricordi con l’evocazione delle sue opere letterarie, dei giorni cupi delle stragi, degli opposti estremismi e di riflessioni profetiche sulla società attuale che si è votata ai disvalori nelle più diverse e sordide sfaccettature; corruzione, mercificazione, volgarità, dove il totem del consumismo avrebbe dominato anche le classi meno abbienti. È clamorosa la previsione che l’acquisto sarebbe diventato un rito, un esercizio simbolico, un desiderio compulsivo, un esorcismo contro la nevrosi e che il consumismo si sarebbe affermato definitivamente come valore per sé, non mezzo, ma fine. Nel suo ultimo libro Petrolio, Pasolini ritorna su alcuni dei temi che egli preferisce: la “mutazione antropologica” a causa della quale ormai tutta una popolazione si è trasformata in neo-borghesia, la sparizione del “popolo puro”, portatore di grandi valori. Petrolio, sostanza catramosa, oleosa, vischiosa, diventa un’efficace metafora della realtà politica amministrativa, della crisi della nostra repubblica.