Scritta con lo stile ironico e pungente dell’humour anglosassone dagli autori K. Waterhouse e W. Hall e proposta al palato della risata italiana dall’adattamento di Pino Ammendola, attore e autore di testi teatrali e fiction televisive, la pièce rappresenta il tema universale della mancanza di sincerità nell’amore.
Il tradimento, l’inganno, il raggiro sono maschere dietro le quali ciascuno altera i propri connotati o addirittura assume una diversa identità per fuggire dalla responsabilità, esimersi dall’affrontare la realtà, vendicarsi di un torto, dirigere la vita degli altri senza riuscire a gestire la propria, camuffare la paura di amare e l’incapacità di aprire il cuore ai sentimenti dell’altro, credendo di esorcizzare la solitudine con un puzzle di impegni e incontri.
“Ambientata negli anni ’60 – dice il regista Pino Ammendola – la commedia porta in scena l’amore e la sua complessità e rappresenta cosa avviene quando, per paura, smettiamo di essere sinceri con noi stessi e con il partner. Nessuno dei personaggi vive la vita che vorrebbe, nessuno ha il coraggio di dirlo all’altro, nessuno si svela per quello che è veramente. Ma tutti, alla fine, districandosi tra bugie ed equivoci trovano loro stessi. La differenza come motore della vita, la forza della diversità come qualità e non come difetto, è questa la cifra di regia che ho voluto portare in questo bellissimo testo”.
Divertente, brillante, scoppiettante, esilarante, la commedia ha riscosso un ampio successo internazionale.
Sarah, sposata da tempo con David, lo accusa di tradirlo con una giovane procace. Per vendicarsi, lo tradisce virtualmente, per interposta persona, affittando l’appartamento il venerdì pomeriggio all’amica Valerie che vi consuma i suoi incontri con Stuart, felicemente coniugato, col quale finge di essere la padrona di casa e, quindi, la moglie di David.
L’intreccio, ben congegnato, complica la vita a tutti e suscita l’ilarità del pubblico che, a conoscenza delle trame ordite, segue i diverbi delle coppie nei due spazi scenici disegnati da Carlo Di Marino, l’interno dell’appartamento col via vai dei personaggi, la sostituzione delle foto e il casuale ritrovamento di bigliettini amorosi e l’esterno con il bar e la mitica cabina telefonica rossa da dove partono le misteriose telefonate.
È più facile inasprire i rapporti umani che chiarirli, rendersi infelici che far felici gli altri, è l’assunto amaro di una commedia crepitante di battute surreali e grondante autenticità e verosimiglianza, al passo con questi nostri tempi in cui la vita si misura con l’incertezza. Forse era un po’ all’avanguardia negli anni ’60 (ma poi mica tanto nell’Inghilterra della rivoluzione sessuale!), resi dolcemente nostalgici dalla colonna sonora delle musiche dei Beatles.
Ottimo il dosaggio degli ingredienti: umorismo inglese, mimica italiana, identificazione con i personaggi e le situazioni, una sequenza ininterrotta di equivoci, atmosfera anni ’60 evocata dai variopinti costumi di Carolina Olcese. Gli interpreti sono trascinanti: Franco Castellano, gronda letteralmente sudore cercando istrionicamente di districarsi nella rete tesagli dalla gelosa e vendicativa moglie interpretata dalla poliedrica Maria Letizia Gorga; Ketty Roselli è bella e brava nel delineare la ragazza che vuole l’amore “Q.B (Quanto Basta)”, Maximilian Nisi è adeguato al ruolo del giovane amante che non vuole limitarsi a vivere un’avventura.