Una delle commedie più belle scritte dal drammaturgo belga, allora trentatreenne, Éric-Emmanuel Schmitt, vincitrice nel 1993 di tre premi Molière come “Rivelazione teatrale”, “Miglior autore”, “Miglior spettacolo di teatro privato”. Oggi torna in scena con la regia di Valerio Binasco e l’interpretazione Alessandro Haber e Alessio Boni, un terzetto irresistibile che richiama un pubblico di tutte le età e che riempie il teatro fino alla galleria, evento non frequente in questi tempi di crisi. Siamo nell’aprile 1938. L’esercito nazista sfila cantando i suoi inni per le strade dell’Austria, da poco annessa con la forza al Terzo Reich, e passa anche in Berggstrasse 19, sotto le finestre di casa Freud. Proprio nel salotto del celebre psicanalista prende avvio questa opera teatrale che si interroga sui temi universali che attanagliano l’umanità: l’esistenza di Dio e il senso della Vita, con tutti gli annessi e connessi. La genialità di Schmitt è quella di proporre una conversazione tra Freud e un misterioso visitatore sui toni della commedia, alternando concitati scambi di battute dal sapore filosofico a momenti di leggerezza che conducono spesso al riso e al sorriso. Valerio Binasco si trova sulla stessa linea d’onda dell’autore e dimostra con la sua mise en scène di aver colto in pieno il senso dell’opera. Alessandro Haber è un convincente Freud, così realisticamente vecchio e malato da simulare per tutta la durata dello spettacolo un’andatura affaticata e un tremolio alle mani, nonché una voce grave capace di slanci drammatici come di chi si trova davanti ad un mistero e forse alle risposte che la sua mente razionale ha sempre cercato, ripudiando ogni spiegazione religiosa. Alessio Boni è il visitatore, spuntato in casa Freud all’improvviso; sembra un clochard o un artista squattrinato dal passo dinoccolato, ma dice di essere Dio; forse è solo un’allucinazione consolatoria, forse è un demente mitomane con un’infanzia difficile, o forse è davvero Dio che non è disposto a fare miracoli solo per dimostrare di esserlo. Insieme dialogano sulle ferite dell’anima, sulle promesse di Dio non mantenute, sul pensiero ottuso e sulla superbia degli uomini che negano Dio, sollevando la questione essenziale: il Male è opera di Dio o dell’uomo? Schmitt rappresenta il Male attraverso il Nazismo, incarnato da un caporale scelto (Alessandro Tedeschi) che fa irruzione più volte nell’appartamento, prendendo mazzette e catturando la figlia di Freud, Anna (Nicoletta Robello Bracciforti), colpevole di non piegarsi psicologicamente davanti ad un portavoce di un regime spietato. La caratterizzazione di tedesco è perfetta: un leggero accento tedesco, un cipiglio altero e una risatina nervosa rendono il personaggio odioso quanto basta. Nelle note di regia Binasco afferma: «“Il Visitatore” è una rara commedia per attori, a patto che siano attori capaci di sprofondare totalmente nell’umanità fragile dei loro personaggi e capaci di evitare le insidie della retorica”». I lunghi minuti di applausi a fine spettacolo sono una conferma della riuscita degli intenti della compagnia. Da non perdere.