Il racconto che si fa spettacolo. Questa l’intenzione di Luca De Fusco, direttore del Teatro Stabile di Napoli, che riporta la letteratura nello spazio del Ridotto. Come per Raffaele La Capria nella passata stagione e per Irène Némirovsky durante il Napoli Teatro Festival, la parola scritta prende vita ma non riesce ancora a farsi spettacolo. Questa volta la letteratura che si fa spettacolo è quella dei racconti di Giuseppe Patroni Griffi. Mai scelta più indovinata per un autore che nei suoi scritti ha tanto di “teatrale” (del resto fu anche e soprattutto drammaturgo), e di cui si sente la mancanza tra gli scaffali delle librerie (introvabili i suoi testi). Il ciclo “Storie naturali e strafottenti” si apre con “D’estate con la barca”, racconto pubblicato per la prima volta nel 1955 nel volume dal titolo “Ragazzo di Trastevere” ad oggi completamente assente anche nelle biblioteche.
È la storia di una giornata d’estate. Quattro ragazzi, due coppie: Enrico e Giulia e Mario e Luisa. Corpi baciati dal sole che in una calda giornata di un’estate spensierata si allontanano in barca sulle coste di Posillipo per rinfrescare le membra e gli istinti. Sensuale e graffiante la parola di Patroni Griffi racconta di una gita spensierata su due barche “amiche compiacenti”. Le coppie si separano tra le acque turchine. Fanno l’amore tra gli anfratti della costa, in angoli sconosciuti, “pozzi di Paradiso” felici, spensierati finché lo spettro della morte non li raggiunge. Spettro preannunciato dalla carcassa di un animale che galleggia tra le onde.
Quattro ragazzi dunque, ma un’unica voce, quella di Gaia Aprea, che in questo spettacolo è motore solitario. Una barca vera piazzata in un mare finto, proiettato obliquo a ricreare le onde. Poche luci che illuminano il viso dell’attrice intenta a narrare, accompagnata da note malinconiche, la giornata delle due coppie, e a ricreare i personaggi con continui cambi di posizione, intonazioni e cadenze, aiutata da un cappello e da una camicia. Il bellissimo testo di Patroni Griffi evoca corpi bruciati dal sole e consumati dalla salsedine, bramosi di consumare la loro sessualità in una calda giornata estiva. Elementi che non riescono ad uscire dalla parola scritta per trovare una realtà fisica sul palco. La semplice voce calda e roca dell’Aprea, i bui per permetterle il cambio di costume (e simulare quindi il passaggio del racconto da una coppia all’altra) non riescono a rendere realtà il racconto di Patroni Griffi, che resta sospeso in una dimensione ibrida tra l’immaginazione della letteratura e la realtà del teatro.
Le scene sono di Luigi Ferrigno, i costumi di Zaira de Vincentiis, il disegno luci di Gigi Saccomandi, la realizzazione video scenografia di Alessandro Papa.
In scena Gaia Aprea
Regia di Luca De Fusco