Non solo i giovani hanno applaudito con ovazioni da stadio il rock musicale visto ieri sera al Teatro Menotti, anche gli adulti sono stati coinvolti emotivamente dalle bellissime musiche, dall’incredibile bravura di giovani e meno giovani attori/cantanti, dalla notevole caratura creativa delle proiezioni video, dalle scene, le coreografie, il disegno luci, insomma dallo spettacolo in tutte le sue declinazioni. Ho lasciato per ultimi (per solidarietà) gli anziani che oltre ad applaudire con convinzione si sono anche commossi. Che cosa dire di più. Il successo dunque è da attribuire in minima parte alla storia che per gente smagata e adusa alle scene esplicite di sesso che il cinema e la televisione (per non parlare di internet) ci propone non ha nulla di perverso, scabroso e scandaloso come ebbe alla fine dell’Ottocento quando Frank Wedekind portò in scena “Risveglio di primavera”. È proprio a quell’opera che nel 2006 Steven Sater si ispirò per scrivere il testo di Spring Awakening con musiche di Duncan Sheik. L’opera debuttò all’Off-Broadway, ebbe grande successo e vinse ben otto Tony Awards. Superate le iniziali perplessità legate alla mission artistica della compagnia Todo Mondo Music All. (attività formativa e didattica) il regista Emanuele Gamba e il direttore musicale Stefano Brondi decidono di portare in scena il musical ambientandolo (non nella Germania di fine ottocento) nell’Italia degli anni trenta. “i cui richiami iconografici si riflettono sulla scenografia, sui costumi, nelle acconciature e in una grande lavagna, su cui vengono proiettate le traduzioni delle canzoni”.
Spring Awakening è un’esplosione di energia. Un testo anticonvenzionale e antiborghese che parla dei turbamenti e dei problemi esistenziali degli adolescenti. Giovani che scoprono l’amore, le pulsioni sessuali, la volontà di vivere, la possibilità di sognare che una società autoritaria e conformista falsamente puritana, cerca con tutti i mezzi inutilmente di reprimere. La piéce può essere considerata un manifesto della liberazione giovanile in tutte le sequenze attraverso amori omosessuali, masturbazione, ribellione, autolesionismo. È il dramma della perdita dell’innocenza, dei pentimenti, dei conflitti interiori tra la straziante volontà di vivere e la disperata tentazione della morte. Wendla muore perché la sua stessa madre la sottopone a una pratica abortiva, Moritz, umiliato e offeso dagli insegnanti, picchiato dal padre, cede alla solitudine e alla disperazione e si uccide. Martha subisce abusi sessuali da parte del padre, Ilse è cacciata dal padre e vaga senza fissa dimora, Melchior, meno fragile, nonostante le molte umiliazioni (finito in un riformatorio) e le molte tentazioni autodistruttive a cui è esposto, è l’unico del gruppo al quale si prospetta un futuro. Alla fine gli spiriti di Wendla e di Morits escono dalla tomba “tutti i ragazzi si uniscono a cantare “The song of purple summer”, inno alla vita, alla speranza e alla vitale forza rigeneratrice della natura”. Un finale toccante e travolgente. Vogliamo ricordarli tutti gli straordinari attori. Cominciamo dagli “adulti” Gianluca Ferrato e Francesca Gamba per poi passare ai talentuosi giovani: Federico Marignetti (Melchior), Arianna Battilana (Wendia), Flavio Gismondi (Moritz), Tania Tuccinardi (Ilse), Paola Fareri (Martha), David Marzi, Renzo Guddemi, Vincenzo Leone, Andrea Simonetti, Albachiara Porcelli, Francesca Brusati.
Al regista Emanuele Gamba e al direttore musicale Stefano Brondi va il nostro plauso, così come allo scenografo Paolo Gabrielli, al coreografo Marcello Sindici, a Paolo Signorini e Raffaele Commone per il notevole impatto scenico delle proiezioni video, a Desirée Costanzo per i costumi, ad Alessandro Ferri per il disegno luci e a Pietro Contorno per la direzione artistica.
Il merito del forte impatto emotivo dell’opera è dovuto anche alla performance della band composta dai bravissimi musicisti Luca Galimberti, Flavio Termine, Alessandro Salerno, Fabio Longo, Filippo Bertipaglia e Giancarlo Vaccalluzzo.