Un grande protagonista della scena teatrale presta la voce ad uno degli autori più amati del Novecento. Roberto Herlitzka è lo “spettro” di Pier Paolo Pasolini in “Una giovinezza enormemente giovane”, monologo scritto da Gianni Borgna (scomparso lo scorso febbraio). Diretto da Antonio Calenda, Herlitzka si muove su di un palco le cui scene ricordano e rimandano alla mente il brutale assassinio dello scrittore. Un corpo giovane al centro, esanime e sanguinante, la sabbia della spiaggia dell’idroscalo di Ostia, pochi bidoni ai lati del palco e un anziano signore come protagonista. Una scena scarna per uno spettacolo pregno di significato. La morte è sempre al centro del palcoscenico, macabro preludio del finale.
L’abbaiare dei cani e il buio accompagnano sul palco l’entrata dell’attore, una figura scarna, ha gli stessi vestiti del giovane a terra, un Pasolini invecchiato (oggi avrebbe più di 91 anni) che parte dalla sua morte: «È assolutamente necessario morire, perché, finchè siamo vivi, manchiamo di senso», scriveva Pasolini. E dalla morte dell’autore che inizia un viaggio nella storia d’Italia in quegli anni ’70 pieni di vicende ancora avvolte nel mistero.
Nel periodo della sua morte, il lontano 1975, Pasolini lavorava a “Petrolio”, il romanzo incompiuto (uscito postumo soltanto nel 1992) in cui l’autore ipotizzava, basandosi su varie fonti, che Eugenio Cefis (presidente dell’Eni che succedette dopo la morte di Enrico Mattei, “uomo dai molti calcoli e dai pochi scrupoli”) avesse avuto un qualche ruolo nello stragismo italiano legato al petrolio e alle trame internazionali.
Ed è un Pasolini testimone di un’epoca quello raccontato da Herlitzka, che declama come una litania i morti della strage di piazza Fontana, che tramite le sue poesie già negli anni 70 denunciava la paura del diverso. La voce ferma e profonda dell’attore non cade nella facile trama del pietismo anzi ci restituisce l’immagine dello scrittore come un uomo avulso dal suo tempo, un profeta moderno, ma profondamente solo. L’uomo che aveva intuito il pericolo della società dei consumi paragonandolo ad un nuovo fascismo.
Ma mentre nella prima parte sono le ferite dell’Italia ad essere raccontate, ad un certo punto le parole di Herlitzka vanno a ricordare la morte del poeta, la brutale aggressione su quella spiaggia di Ostia che, ad inizio spettacolo, viene proiettata com’era ieri e com’è oggi, realtà dominata dall’abusivismo edilizio. Un plauso all’interpretazione di Herlitzka e alla bellezza di un testo che ricorda la complessità di un autore a lungo incompreso.