I fratelli Dardenne hanno scritto con Due giorni, una notte un’altra magnifica pagina di cinema, una di quelle opere che restano nella memoria e ‘santamente’ disturbano chi preferisce ignorare la realtà quotidiana fatta di problemi, tristezze e piccole gioie per rifugiarsi in un mondo immaginario e rassicurante con supereroi o gente elegante che vive in splendide dimore: un mondo in cui non esistono mutui da pagare e problemi per arrivare a fine mese.
In realtà anche nel loro film c’è un’eroina: ha il viso dolce e spaurito di Sandra (una Marion Cotillard in forma smagliante ne rende con grande discrezione sentimenti, dubbi e paure), da molti anni operaia in una fabbrica con meno di venti addetti, licenziata al suo rientro al lavoro dopo un periodo di malattia per depressione.
L’economia in crisi in tutto il mondo, la globalizzazione, le nuove tipologie di lavoro e i rilevanti fenomeni migratori (questi in realtà sono sempre esistiti, basti pensare alle tante e numerose comunità italiane all’estero) hanno determinato una corrente di pensiero che ritiene d’incrementare le possibilità di lavoro annullando o riducendo le tutele ottenute dai lavoratori nella seconda metà del Novecento.
Pensiero arricchito da amenità di vario genere come quella di un autorevole politico secondo cui i padroni ormai esistono solo nel linguaggio residuale di concezioni arcaiche: forse non vi sarà più il ‘Padrone delle ferriere’ o il ‘Sciur padrun da li beli braghi bianchi’, ma siamo certi che gli attuali caporeparto, capoufficio, direttori, amministratori delegati, proprietari… siano migliori e più democratici degli antichi ‘padroni’?
Nel film dei Dardenne vi è un proprietario ‘apparentemente’ democratico e comprensivo dei problemi di Sandra, ma che in realtà vuole scaricare sui colleghi della donna la decisione del licenziamento e contemporaneamente mettere i lavoratori gli uni contro gli altri.
Accortosi durante la malattia di Sandra che pagando qualche incentivo economico a tutti può fare a meno di un’unità lavorativa fa votare ai colleghi di Sandra l’alternativa tra conservarle il ‘posto di lavoro o ricevere un bonus da mille euro ciascuno.
Naturalmente anche per le pressioni esercitate sui votanti dal caporeparto (bravo Olivier Gourmet nella parte dell’abietto Jean Marc) il bonus stravince: solo due sostengono la collega.
La sindacalista e il marito (Fabrizio Rongione è un perfetto interprete del tenero ma fermo sostegno della moglie, specie quando vacilla per lo sconforto) inducono Sandra a chiedere una nuova votazione e a cercare di convincere i colleghi a rinunciare al bonus. Ha un sabato e una domenica per farlo.
La via Crucis di Sandra si sviluppa tra momenti di gioia e di sconforto anche profondo, sorprese e delusioni umane, è un viaggio tra i bisogni anche elementari dei colleghi, un campione del mondo del lavoro con l’eroismo quotidiano di chi antepone solidarietà e riconoscenza e chi invece privilegia la responsabilità verso la propria famiglia, forma di egoismo che non può essere nemmeno condannata avendo le proprie radici in quella paura di ‘perdere il lavoro’ su cui proprietà e direzione fondano il potere di ricatto.
È il motivo per cui i contratti aziendali – anche se vantaggiosi – in realtà indeboliscono sempre il lavoratore non tutelando il posto di lavoro da provvedimenti non suffragati da motivazioni reali e dimostrate.
Il lavoro non è una merce e un licenziamento immotivato non può essere compensato con qualche mensilità: come per Sandra non lavorare è una perdita di dignità, d’identità e di fiducia in se stessi.
“Sono felice” dice la donna al marito il lunedì mattina a conclusione della vicenda, e ne ha motivo: è lei l’unica vincitrice in una storia che – fotografando la realtà di moltissime, troppe aziende – ha come unica protagonista la paura, strumento con cui vengono divisi e psicologicamente ‘ricattati’ i lavoratori spezzando la solidarietà nell’illusione che ‘l’ognuno per sé’ possa portare qualche vantaggio individuale.
Sandra ha vinto perché comunque ha recuperato la propria dignità e con questa la fiducia in se stessa e ha dimostrato che in fabbrica può esistere un modello diverso dall’individualismo.
Due giorni, una notte abbina a una profonda valenza morale una splendida regia e un’interpretazione di alto livello da parte di tutto il cast la cui punta di diamante è la sensibilissima Marion Cotillard.
—–
La scheda
Due giorni, una notte
Titolo originale: Deux jours, une nuit
Regia: Jean-Pierre e Luc Dardenne
Sceneggiatura: Jean-Pierre e Luc Dardenne
Cast: Marion Cotillard, Fabrizio Rongione, Catherine Salée, Batiste Sornin, Simon Caudry, Fabienne Sciascia, Olivier Gourmet
Genere: neorealismo
Origine: Belgio, Francia, Italia
Anno: 2014
Durata: 95 minuti