Dramma degli affetti contrapposti in tre atti
Libretto di Nicola Francesco Haym
da Giacomo Francesco Bussani
Musica di Georg Friedrich Händel
(Debutta il 20 febbraio del 1724 al King’s Theatre di Londra)
Prima Esecuzione
(recita del 23 novembre 2014)
Una straordinaria miniera di pirotecnie virtuosistiche e di raffinatezze musicali per trenta magnifiche arie tripartite d’amore e di vendetta precedute da recitativi secchi, tre ariosi, quattro recitativi accompagnati, due duetti, due cori e sublimi pezzi orchestrali (un’ouverture e quattro brevi sinfonie)
Ascoltando Giulio Cesare di Händel ci si chiede come faccia un essere umano a comporre musica così divina. Basterebbero le due arie di Cleopatra di fine secondo e terzo atto per cadere in estasi come Santa Teresa, ma tutti i 30 pezzi chiusi riservati ai personaggi hanno un’architettura musicale di prestigio che dà speciale rilievo alla magnifica musica d’apertura e di chiusura delle arie e accompagna, sostenendole o dialogandoci, le acrobazie delle voci.
Le arie sono tutte col da capo, quindi lunghissime e richiedono enorme perizia vocale per non perdere peso, colore, agilità.
E le voci in questa edizione del Regio di Torino, almeno quelle principali, sono davvero di primo livello. Maestre del canto di coloratura e brave nei diversi registri espressivi, nel rispetto della prassi esecutiva barocca, il contralto Sonia Prina (Cesare primo imperatore dei romani) e il soprano Jessica Pratt (Cleopatra regina d’Egitto) formano una coppia vocalmente meravigliosa, anche se scenicamente devon studiare delle posizioni per attenuare la differenza di statura.
Giulio Cesare, grande impervio ruolo barocco scritto per il castrato Francesco Bernardi, detto il Senesino, è un autentico personaggio eroico e Sonia Prina, con corazza da guerriero e gonnellino a frange fino al ginocchio, assecondata dalla gestualità del corpo e dall’espressione del viso, ha una credibilità incredibile in questo ruolo virile. Sul piano vocale la cantante si fa apprezzare per lo scavo della parola, i gravi corposi, la morbidezza del suono (aria “Presti ormai l’Egizia terra”, atto I sc. I), l’abilità nel canto sbalzato e nella coloratura furiosa (“Empio, dirò, tu sei”, atto I sc. III, aria di furore con frenetica introduzione strumentale contro Achilla che ha portato la testa di Pompeo); esperta del recitar cantando, porge in modo carezzevole nel recitativo accompagnato “Alma del gran Pompeo” (atto I sc. VII), cui segue una scena di seduzione che termina con un bacio tra Cesare e Lidia, alias Cleopatra. Fantastico il dialogo della sua voce, pastosa nel canto sfumato e agile in quello di forza, col corno naturale nell’aria “Va tacito e nascosto” (atto I sc. IX) con variazioni nel da capo. Nell’aria “Se in fiorito ameno prato” (atto II sc. II) con lunga introduzione degli archi e arpa posizionati in palcoscenico, la Prina, salita dalla buca dell’orchestra, intraprende un lungo dialogo col violino con voce duttile, lunghi fiati tenuti, proprietà d’accento, canto sbalzato con accompagnamento vivace; rivolgendosi a Lidia la voce diventa sensuale nel recitativo “Che veggio?” (atto II sc. VII). Strepitosa nella vigorosa grande aria di furia “Al lampo dell’armi” (atto II sc. VIII), con l’orchestra velocissima e incalzante, mentre uccide i congiurati, esegue con piglio guerresco i molti vocalizzi e abbellimenti che terminano con grande slancio acuto tenuto. Peccato non ci sia spazio per gli applausi perché irrompe Cleopatra bellicosa. Evidenzia pastosità, pienezza e rotondità del suono nell’aria pacata e lenta “Aure, deh, per pietà” (atto III sc. IV) con accompagnamento morbido e cadenzato. Bravissima!
Cleopatra è un’incantatrice, a lei sono riservate arie molto acute e fiorite di grande effetto e di ampio virtuosismo che le conferiscono una fisionomia smagliante e che la Pratt esegue in modo eccelso.
Jessica Pratt, più matrona romana dalle forme rotonde e seni prominenti (apprezzati anche da Cesare: “Che bel sen”, atto I sc. VII) sotto un leggero e trasparente abito bianco, che una spigolosa regina egizia, di cui non ha il classico taglio di capelli pur essendo mora, spiega una luminosissima voce di soprano d’agilità con sovracuti puliti fin dall’aria d’ingresso (“Non disperar, chi sa?”, atto I sc. V); sotto il falso nome di Lidia sciorina lunghi slanci acuti e sovracuti, alleggeriti e rinforzati con la messa di voce, e picchiettati cristallini nell’aria “Tutto può donna vezzosa” (atto I sc. VII). Nel duetto col figlio Sesto “Son nata a lagrimar” (atto I sc. XI) si sente il dolore nella voce e nella linea sonora dell’orchestra che segue i gesti larghi del direttore, ne deriva una captante staticità estatica. Vestita da gran dama, incorniciata dentro un grande quadro, canta con maggior peso vocale l’aria canzone “V’adoro, pupille” (atto II sc. II) con gli archi in sordina; permea di una certa ironia la figura di Cleopatra nella melodia di ampio respiro “Venere bella” (atto II sc. VII) con fioriture, ripetute puntature e giochi vocali in acuto e sovracuto, che esegue con facilità d’emissione, bellezza del suono, alleggerimenti, messa di voce in acuto. La sublimità della musica con orchestra dolorosa si sposa con la soavità di una voce struggente e l’intensità del fraseggio nella delicatissima aria di dolore “Se pietà di me non senti” (atto II sc. VIII), che la Pratt arricchisce con una puntatura sovracuta provocando un’estasi totale e una fragorosa ovazione. E qui si chiude il secondo atto.
Incatenata, vestita da squaw, nell’aria di prigione “Piangerò la sorte mia” (atto III sc. III) alterna suoni rotondi e spianati, morbide mezze voci, dolci filati, sbalzi, trilli e sovracuti con puntatura improvvisa; esterna tutta la sua abilità virtuosistica nella bellissima aria agitata molto fiorita e sbalzata, con molti vocalizzi e picchiettati in acuto, “Da tempeste il legno infranto” (atto III sc. VII), certamente la più difficile e la più ricca di fiorettature, variazioni, giochi acrobatici in acuto e sovracuto e trascinante cadenza finale. Splendida!
L’erotismo emerge nel duetto finale con Cesare.
Il contralto Sara Mingardo (una bionda e riccioluta Cornelia, moglie di Pompeo, con abito celeste trasparente) è un’artista esperta, dotata di vocalità rotonda e di bel timbro brunito, fa uso della messa di voce e si esprime con voce patetica, vibrante e screziata nella lentissima aria di dolore per la morte del marito “Priva son d’ogni conforto” (atto I sc. IV) con l’accompagnamento delicato delle tiorbe e dei violini; bella messa di voce iniziale anche nell’aria di dolore “Nel tuo seno, amico sasso” (atto I sc. VIII) con strumentazione cupa e lenta. A volte la sua voce è vetrosa e il suono diventa chiuso, sì da sembrare quella di un controtenore, nel dialogo con Tolomeo della scena VII del III atto, ad esempio, le due voci sono simili. Scenicamente ha il contegno e la fierezza del ruolo.
Sesto, figlio di Pompeo e Cornelia, con tunica chiara corta e calzari romani, è interpretato da una brava e temperamentosa Maite Beaumont en travesti, mezzosoprano dalle ottime qualità vocali (registro grave scuro e zona acuta luminosa e sicura), in possesso di una buona tecnica di canto. Buoni gli slanci acuti, notevole la tenuta del fiato sia nelle lunghe frasi spiegate sia nel canto d’agilità e di sbalzo, ottima la messa di voce nell’aria veloce e scintillante “Svegliatevi nel core” (atto I sc. IV), che sfocia in un’aria di furore; voce di spessore in grado di ammorbidirsi, modulare e tenere suoni lunghi nell’aria lenta “Cara speme” (atto I sc. VIII), sostenuta dal cembalo e dalla viola; esegue bene le fitte agilità e le grandi espansioni acute con salti al grave, ma la dizione non è sempre chiara (recitativo “Figlio non è”…aria “L’angue offeso mai riposa”, atto II sc. VI); brava, pulita, lanciatissima nell’acutissima aria di furore “La giustizia ha già sull’arco” (atto III sc. VI). Brava!
Antonio Abete in tunica romana presta una corposa voce di basso a Curio, tribuno di Roma.
Jud Perry con tunica lunga a piastre nere e argento è un ambizioso Tolomeo, re d’Egitto, fratello di Cleopatra. Il controtenore esibisce bel colore vocale, buone progressioni acute, agilità, buon peso e densità del suono, ma dizione poco chiara (“Muora Cesare…L’empio, sleale, indegno”, aria di vendetta, atto I sc. VI), suoni un po’ chiusi e appoggi gravi di petto (“Sì, spietata, il tuo rigore”, atto II sc. IV). Nell’arioso “Belle dee” (atto II sc. IX ), che in questa edizione torinese apre il terzo atto, la voce del controtenore è pastosa ma poco accattivante; denota abilità nel canto di sbalzo, ma precarietà del suono e brutto grave di petto in finale nell’aria “Domerò la tua fierezza” (atto III sc. II), rivolta a Cleopatra prigioniera.
Guido Loconsolo, con elmetto, corazza sopra una gonna al ginocchio e stivali, interpreta Achilla, duce generale dell’armi e consigliere di Tolomeo. Il baritono ha voce di grande peso capace anche di puntature acute piene, ma poco duttile (“Tu sei il cor di questo core”, atto I sc. XI). L’aria “Dal fulgor di questa spada” (atto III sc. I), dolcemente mossa, è ben cantata con voce ampia e di spessore, ma con qualche intemperanza nell’emissione.
Riccardo Angelo Strano (Nireno, confidente di Cleopatra e di Tolomeo) è un bravo controtenore con voce brillante in grado di scendere ai gravi in modo naturale.
Per quest’opera del genere eroico l’orchestra, più ricca rispetto allo standard dell’epoca, è quella del Teatro Regio di Torino, con gli aggiunti alla tiorba, alla viola da gamba e al cembalo dell’Academia Montis Regalis; la concertazione e la direzione sono affidate al M° Alessandro De Marchi, specialista del repertorio barocco e direttore artistico del Festival barocco di Insbruck. Una direzione precisa, attenta al dettaglio sia nell’intreccio e nei colori degli strumenti che nel sostegno alle voci e soprattutto appassionata; l’Orchestra risponde bene sia nella varietà e nella leggerezza della bellissima Ouverture (purtroppo disturbata dai movimenti scenici), sia nell’espressione del patetismo, sia nei ritmi incalzanti e nella ricchezza del suono che nell’esuberanza del trionfo, inoltre i musicisti agli strumenti solisti sono proprio bravi.
Posizionato ai lati dell’orchestra, il bravo coro del Teatro Regio, istruito da Claudio Fenoglio, ha solo due interventi, uno in apertura per salutare l’arrivo di Cesare e uno alla fine con un’orchestra trionfale per il ritorno di Cesare.
L’allestimento è quello che Laurent Pelly ideò nel 2011 per l’Opéra national de Paris (regia qui ripresa da Laurie Feldman) con le scene di Chantal Thomas e le luci di Joël Adam.
L’opera è ambientata nel deposito di un museo egizio, forse quello del Cairo visto il fez degli inservienti (ma anche a Torino c’è un famoso museo egizio), con una grande statua, scatoloni e scaffali con busti che muovono la testa, la grande testa mozza di Pompeo nel I atto; galleria di quadri barocchi fra cui uno che segue gli spostamenti di Cesare (assolutamente distraente) e un grande ritratto di Händel nel II, dove vediamo Achilla con un innaffiatoio giocattolo e Cornelia piangente che spinge un carrello con palma e poi sale su un’impalcatura per suicidarsi ma viene salvata da persone che trascinano fino a lei una scaletta di ferro; tappeti orientali, poi scaffali vuoti nel III, dove viene introdotto un modulo architettonico raffigurante un paesaggio esotico con sopra Cleopatra e nell’ultima scena sul fondale compare la vela della nave di Cesare e in palcoscenico Cleopatra avvolta in un tappeto che intesse con l’amato un duetto erotico.
I cantanti sono statue che si animano e si muovono per il palcoscenico o cantano dentro le teche del museo o dentro la cornici dei quadri o sopra grandi sculture trainate dagli inservienti e alla fine dell’opera tornano ad essere statue.
La scarsità di luce impedisce di vedere i visi.
Assistente alla regia Anna Maria Bruzzese. Assistente ai costumi Victoria James.
Uno spettacolo assolutamente da vedere e ascoltare, sebbene lungo e difficile anche per recensire.