Dal titolo della canzone di Romolo Balzani “Semo o nun semo” (Siamo o non siamo) prende corpo la serata che Nicola Piovani dedica alla canzone romana, riportando questo genere di spettacolo nel luogo in cui è nato, per rendere omaggio alla forza teatrale delle canzoni in dialetto romanesco, lingua pregna di storia ma che, in alcuni contesti purtroppo, è diventata sguaiata e volgare.
Il maestro introduce lo spettacolo con un prologo in cui racconta la genesi di tanti brani entrati nel repertorio tradizionale, nati per essere proposti nell’ambito di uno spettacolo corale.
La canzone romana, pur senza vantare la gloriosa tradizione di quella napoletana, attinge a testi popolari del ‘600 e si ispira ai canoni della sceneggiata nella teatralità della messa in scena, connotati che sono spariti nella trasposizione discografica degli anni sessanta, in cui l’esigenza del ritmo ha fatto sacrificare i tempi lunghi del calando, del crescendo, della corona.
L’intento di questo spettacolo è, infatti, quello di proporre i brani riarrangiati per essere “rappresentati” sul palcoscenico, e non semplicemente cantati, evitando tuttavia la noia dello stretto rigore filologico.
Sulle tavole del Teatro Ambra Jovinelli su cui si esibirono nel primo Novecento famosi cantanti dell’epoca, tra cui Petrolini, una Roma sparita, fatata e romantica si materializza, veicolata dalle voci dei quattro interpreti che si alternano e si intersecano tra un sonetto, una serenata e uno stornello ritmato dal tamburello. I vibrati virtuosistici di Pino Ingrosso, il timbro cristallino di Donatella Pandimiglio, la giovane voce di Sara Fois e la calda padronanza vocale di Carlotta Proietti evocano un passato che si spinge fino alle stornellate di fine Ottocento con cui si sfidavano i cantori della rassegna di Porta San Giovanni che vide partecipare Leopoldo Fregoli e cantare i sonetti di Gioacchino Belli.
Nunziata e Nannarella (questi i nomi più frequenti nell’anagrafe della canzone romana) oggetto d’amore e gelosia, a volte abbandonate e a volte fedifraghe, ci tengono per mano conducendoci nell’incursione nel passato canoro della città, eterna anche musicalmente.
Massimo Wertmüller, romano doc, tesse la trama del concerto tra un brano e l’altro, raccontando aneddoti, gag, curiosità e fornendo una intensa interpretazione recitata della celeberrima Barcarolo romano.
La vecchia Roma degli attori-cantanti Ettore Petrolini, Romolo Balzani, Lina Cavalieri, Aldo Fabrizi, Carlo Campanini, Renato Rascel ci appare dipinta ad ampie pennellate attraverso i versi di L’eco der cor, Na serenata a Ponte (musicata da Piovani sul testo tramandato oralmente dalla zia Pina cantante e attrice del gruppo di Balzani), Affaccete Nunziata, Nina si voi dormite, Canzone a Nina, Tanto pe’ cantà, Serenata sincera, Roma forestiera, Lulù, Com’è bello fa’ l’amore quanno è sera, Roma nun fa’ la stupida stasera, brani di Rugantino (versi popolari musicati da Armando Trovajoli) e varie marcette d’ingresso in scena dei comici del varietà, come quella di Gustavo Cacini che ispirò addirittura la musica di Faccetta nera.
Un revival per i più âgé, una scoperta delle radici musicali per i più giovani, che fa palpitare l’anima del popolo romano disincantato e avvezzo a tutto, tra brani intramontabili e tanti tanti stornelli ironici e dissacranti.
Quattro cantanti e un attore accompagnati dall’Ensemble Aracoeli per uno spettacolo senza tempo.