Il commediografo inglese Richard Bean con “One Man Two Guvnors” tratto da “Servitore di due padroni” di Carlo Goldoni ha sbancato i botteghini dei teatri dello west end londinese. Visto il successo Pierfrancesco Favino, Paolo Sassanelli, Marit Nissen e Simonetta Solder l’hanno tradotta e rivisitata ambientandola negli anni trenta nella Rimini di Fellini. Viene così portata sulle scene del Teatro Manzoni con una ventina di attori del Gruppo “Dany Rose” in un contesto comico e musicale, con canzoni anni trenta suonate e cantate dal vivo dall’orchestra “Musica da Ripostiglio”, composta da 4 elementi Luca Pirozzi – chitarra, voce e banjo, Luca Giacomelli – chitarra e voce Raffaele Toninelli – contrabbasso e voce, Emanuele Pellegrini – percussioni e voce. La band ha curato anche gli arrangiamenti delle più note canzoni dell’epoca creando le atmosfere di quegli anni (“Maramao perché sei morto” “Ludovico sei dolce come un fico”, “Un sassolino nella scarpa” eccetera).
La commedia è impostata secondo gli stilemi della commedia dell’arte con ritmi comici a cascata, equivoci, scambi di persona, travestimenti, inciampi, cadute, frenetico sbattimento di porte, ricorrendo insomma al linguaggio del primo Goldoni (quello dell’Arlecchino).
One Man Two Guvnors è uno spettacolo volutamente sopra le righe (anche secondo i canoni della commedia dell’arte), le situazioni comiche si moltiplicano, le gag non si contano, gli sketch ricordano il varietà, i movimenti e gesti coreografici sono ben eseguiti dagli attori, l’interazione di Favino (Pippo che serve due padroni per saziare una fame atavica) col pubblico in sala è fonte di facile (ruffiana) comicità.
Ed ora veniamo a Pierfrancesco Favino. Questo nostro attore dopo i meritatissimi successi cinematografici e televisivi ha voluto dimostrare a se stesso e all’inclita platea italiana che la classe non è acqua, che il grande attore deve saper emozionare, commuovere, passare dal pianto al riso più sgangherato, deve saper impegnarsi in una comicità intelligente e ohibò anche di pancia. Il traguardo è superato con lode, ma il risultato dello spettacolo è deludente perché eccessivo, gridato (dov’è finito l’esprit de finesse di Goldoni?), drammaturgicamente povero, ma ricco di applausi da parte di un pubblico che ha una gran voglia di lasciarsi andare per dimenticare le angosce quotidiane.
L’importante è non fare confronti, non andare con la memoria a Strehler, Moretti o Soleri e lasciare che Goldoni riposi in pace.
Discreto il cast di attori composto – oltre all’ottimo Francesco Favino – da Francesco Favino, Bruno Armando, Gianluca Bazzoli, Pierluigi Cicchetti, Ugo Dighero (il cascatore che interpreta il vecchio cameriere Alfredo), Anna Ferzetti, Giampiero Judica, Marit Nissen, Marina Remi, Diego Ribon, Fabrizia Sacchi, Luciano Scarpa, Thomas Tabacchi. Belli i costumi di Alessandro Lai, funzionali le scene di Luigi Ferrigno.
Di Favino, uno e trino (coautore, co-regista e attore) applaudiamo la prova attorale.