“Non posso morire. Vivere non posso. Non sono né donna, né ninfa”: questo il dramma di Rusalka, eroina e protagonista dell’omonima opera di Antonín Dvořák, che ha inaugurato con successo la nuova stagione 2014/2015 del Teatro dell’Opera di Roma.
Dopo il forfait di Muti, la scelta (con indiscutibile lungimiranza) è stata quella di intraprendere un’altra strada distanziandosi quanto più possibile non solo dall’Aida, ma anche dal repertorio operistico italiano approdando alla mitologia nordica e alla fiaba lirica in tre atti di Dvořák. Rappresentata per la prima volta a Praga il 31 marzo del 1901, Rusalka, fiaba dal tragico epilogo con tanto di catarsi finale, unisce vari tratti della mitologia slava, della leggenda di Melusine popolare in Germania, della La sirenetta di Hans Christian Andersen, della novella Undine di Friedrich de la Motte Fouqu,é per raccontare non solo l’impossibilità di amare della fanciulla, ma anche il suo percorso di crescita. È proprio questa la chiave scelta dal Denis Krief (nel triplice ruolo di regista, scenografo e costumista nel nuovo allestimento del Costanzi) per trattare l’opera che lo ha portato a rinunciare quasi del tutto alla dimensione fiabesca e a proporre uno spettacolo minimalista senza trascurare una spiccata compenetrazione di generi o salti spazio-temporali. “Il palco diventa una sorta di scatola chiusa per restituire dimensione cameristica della storia. Rusalka è l’opera che racconta un rito di passaggio alla fine dell’adolescenza – spiega il regista – C’è la scoperta della sessualità, il desiderio dei sensi di una ragazza che non vuole più essere bambina.” Ad amplificare in qualche modo l’effetto fiabesco restano però le luci (verdi, rosse) sempre molto forti e decise che conferiscono dimensione onirica e irreale, mentre la “scatola di legno” (eco della letteratura e dell’architettura nordica) ospita via via pochi oggetti che trasportano lo spettatore ora nel lago (la lastra di metallo ad effetto specchio), ora nel bosco (con tanto di canneto che scende dall’alto) ora nella dimora della strega, ora nel palazzo del principe (con le colonne) a condurre quasi didascalicamente lo spettatore in un universo simbolico, immerso in una favola quasi senza tempo. Lo stesso discorso viene rafforzato anche dalla scelta dei costumi: le vezzose ondine sfoggiano tute in versione paracadutista, Rusalka compie il suo percorso di crescita anche attraverso gli abiti (dal virginale abito bianco, al sontuoso abito da nozze mancate in stile Anni Sessanta, alla veste nera del finale), il ballo (con l’ibrida coreografia di Denys Ganio) nel Palazzo di trasforma in un party Anni Sessanta fra minidress colorati, la strega indossa un severo abito nero. Considerando che l’opera è in ceco (con sottotitoli) è bene è anche vero che l’evoluzione di Rusalka, ma in generale tutta l’opera, appaiono ben chiare anche grazie al buon lavoro di Krief sulla recitazione, davvero molto accurata.
Merito anche dell’ottimo cast internazionale, forza stessa dell’allestimento non solo da un punto di vista vocale, ma anche interpretativo, diretto insieme all’Orchestra con enfasi e ricchezza di sfumature dal giovane e brillante Eivind Gullberg Jensen: bravissima (e perfetta anche fisicamente) e dolcissima Svetla Vassileva nel ruolo di Rusalka, molto convincenti Steven Humes nel ruolo di Vodník, lo spirito dell’acqua e Maksim Aksenov nel ruolo del Principe, spassosa e oscura la strega Ježibaba di Larissa Diadkova, fin troppo teutonica (quasi una valchiria in rosso troppo poco seducente) la principessa straniera di Michelle Breedt. Teatro pieno (anche di giovani) per un’opera tutta da scoprire lasciandosi trasportare dalla musica.
Dopo il debutto di giovedì 27 novembre e la prima replica di sabato 29 novembre, Rusalka va in scena a dicembre, martedì 2 (ore 19), giovedì 4 (ore 19), domenica 7 (ore 16.30), mercoledì 10 (ore 19), venerdì 12 dicembre (ore 19), domenica 14 (ore 16.30).