di Stefano Massiniuno spettacolo di Alessandro Gassmancon Ottavia Piccoloe con, in ordine di apparizione, Eleonora Bolla, Paola Di Meglio, Silvia Piovan, Balkissa Maiga, Cecilia Di Giuli, Olga Rossi, Stefania Ugomari Di Blas, Arianna Ancarani, Stella Piccioni, Vittoria CoralloScenografia: Gianluca AmodioCostumi: Lauretta SalvagninLight designer: Marco PalmieriMusiche originali: Pivo & Aldo De ScalziVideografie: Marco SchiavoniProduzione: Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Stabile dell’Umbria, Teatro Stabile del Veneto
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Cosa significano per un’operaia sette minuti in meno su quindici di pausa? Apparentemente nulla per la singola persona, ma per i dirigenti della fabbrica tale decurtazione, su larga scala, determina il guadagno di seicento ore di manodopera a costo zero. Ruota attorno a questo paradosso 7 minuti, opera di Stefano Massini ispirata a una vicenda accaduta a Yssingeaux nel gennaio del 2012, quando il consiglio di fabbrica di un’avviata azienda tessile fu costretto ad esprimersi sulla riduzione dell’intervallo, pena la perdita del posto di lavoro.
Massini, spostandosi tra il detto e il celato, tra lo scritto e il bianco della carta, carica il testo d’una crescente tensione. Il lessico è asciutto, verosimile, quasi neorealista e privo di qualsivoglia retorica. La parola riveste molteplici funzioni: narra il vissuto variegato delle salariate, italiane e non; esprime la disponibilità o meno all’ascolto delle ragioni altrui quando la maggioranza ha già deciso come votare; pondera il significato effettivo della concessione-ricatto. Il dialogo è serrato, concitato, pregno d’uno stato d’animo nervoso e riluttante. Durante il lungo conclave femminile, ognuna dà sfogo alla rabbia, causata dalla precarietà della posizione e della situazione in cui si ritrova, optando per quella che reputa essere la scelta migliore. Si fatica a schierarsi con chi sostiene o affonda la proposta, ma è l’analisi acuta di Blanche, la loro portavoce, a dissipare ogni dubbio.
Alessandro Gassman reimpiega pari pari, con i dovuti cambiamenti, la regia di La parola ai giurati, esplicitando palesemente la sua formazione cinematografica. Le scene iperrealiste di Gianluca Amodio sono racchiuse dietro un velario sottilissimo che separa il proscenio dalla platea. Su tale schermo sono proiettate, dal fondo del palcoscenico, le videografiche di Marco Schiavoni, e dietro di esso, in una trasparenza di secondo piano affidata alle luci di Marco Palmieri, i personaggi si raccontano. Discutibile, ma comprensibile a causa della “scatola scenografica” adottata, è la scelta di microfonare le attrici, decisione che, se da un lato aiuta il regista a soddisfare la voglia di realismo, dal momento che possono stare di spalle o in lontananza senza che lo spettatore perda alcuna battuta, dall’altro appiattisce la voce, togliendole la capacità di creare essa stessa la spazialità.
Ottavia Piccolo, impegnata con passione nel teatro di denuncia sociale, è semplicemente meravigliosa nella parte di Blanche, decana convinta che la richiesta dei padroni sia inumana, indegna e irrispettosa dei diritti delle lavoratrici. E’ supportata da un cast di valide professioniste – Eleonora Bolla, Paola Di Meglio, Silvia Piovan, Balkissa Maiga, Cecilia Di Giuli, Olga Rossi, Stefania Ugomari Di Blas, Arianna Ancarani, Stella Piccioni, Vittoria Corallo – che contrappuntano con repentinità, collera e talvolta anche ironia le elucubrazioni della caparbia protagonista.
Applausi sinceri e numerose chiamate alla ribalta ne decretano il pieno successo.