Il mitico trio ritorna a quattro anni dall’ultimo film (La banda dei babbi Natale, biglietto d’oro 2011) proponendo Il ricco, il povero e il maggiordomo a un pubblico tendenzialmente formato da famiglie in cerca di evasione dai tormenti quotidiani.
Aldo Baglio, Giovanni Storti e Giacomo Poretti hanno costituito il fortunato trio nel 1991 e da allora hanno conquistato la simpatia e la riconoscenza di un vastissimo pubblico con spettacoli teatrali, televisivi e cinematografici caratterizzati da una comicità molto semplice, sintesi dell’unione tra fulminanti battute e abilità mimica.
Approdano al cinema nel 1997 con Tre uomini e una gamba, un successo (circa 6.300.000 spettatori) incredibile e inatteso dovuto all’esplodere della loro comicità legata più alle azioni che alle battute e caratterizzata da una grande eleganza di scrittura. Trionfo replicato negli anni successivi: nel 2000 con Chiedimi se sono felice raggiungono quasi 6.900.000 biglietti, poi le novità inesorabilmente invecchiano e perdono appeal e il trio cerca nuove strade con sceneggiature più articolate, ma perde freschezza e immediatezza.
È un po’ il limite di Il ricco, il povero e il maggiordomo che ha sequenze comicamente esilaranti se Aldo, Giovanni e Giacomo recitano nella stessa scena, mentre perde mordente nelle performance di ciascuno di loro con altri personaggi. Un esempio sono le scene in cui Aldo allena la sgangherata squadra dei ‘pulcini’ della parrocchia: è sovrastato da un ottimo Massimo Popolizio che disegna un grande cammeo di Padre Amerigo, il burbero e comprensivo parroco.
Il soggetto fa ‘l’occhiolino’ a Capra sottolineando la bontà d’animo e la sostanziale onestà dei poveri contrapposta all’aridità e al vuoto snobismo dei ricchi, ma del grande Frank mancano la levità e l’atmosfera tra sogno e realtà che poneva le vicende, ovunque si svolgessero, fuori da un tempo e un luogo specifici.
Qui, invece, siamo in una riconoscibile Milano d’oggi, anzi il film prende le mosse da quella parte della città (i nuovi edifici antistanti la Stazione Garibaldi) che, cancellata l’urbanistica del passato, è protesa verso un’immagine internazionale architettonicamente bella, ma fredda, anonima e impersonale: è, infatti, nella torre dell’Unicredit che Giacomo, spregiudicato broker della ‘finanza d’azzardo’, ha uno splendido ufficio che si abbina a una villa con parco e piscina appena fuori città.
La ‘consolidata’ ricchezza gli permette un raffinato maggiordomo (Giovanni) amante delle arti marziali, ma che non ha il coraggio di comunicare al suo padrone di voler sposare la cameriera di casa, la bella Dolores (ottima l’interpretazione con le giuste sfumature di Guadalupe Lancho).
Aldo, invece, è un poveraccio sotto tutti i punti di vista: venditore ambulante abusivo, non ha i soldi per comprare l’agognata licenza, nel tempo libero allena una squadretta di calcio che non riesce a segnare un goal, in casa la madre (un’eccellente Giuliana Lojodice che offre una prova di grande serietà professionale interpretando la burbera e combattiva Calcedonia) lo tratta come un inetto paragonandolo al defunto padre e dulcis in fundo, pur essendo ‘bramato’ da tutte le donne, le fugge essendo rimasto scioccato quando la fidanzata lo ha abbandonato sull’altare per farsi suora.
La ‘finanza d’azzardo’ ha i suoi limiti e nel giro di una notte tutto può crollare. E così avviene che Giacomo (e con lui il maggiordomo) si ritrovi di colpo senza ufficio, casa e ovviamente denaro.
È la parte migliore del film con l’incredulità del ricco di essere improvvisamente uno di quei poveri che guardava con sufficienza, quasi come gli animali esotici di uno zoo.
Forse potevano essere approfondite meglio le dinamiche della banca e quelle di una certa società ricca, arida e snob (personificata dall’antipaticissima moglie) pronta a voltare le spalle e ignorare chi cade in povertà e quindi in disgrazia. In questi passaggi l’interpretazione di Giacomo è esemplare.
Il film scorre piacevole e rasserenante verso un’ottimistica conclusione, non è certamente al livello delle ricordate performance, ma nella filmografia più recente è senz’altro il migliore, anche se il trio dovrebbe tornare a una maggiore libertà rispetto a un copione troppo scritto che a volte sembra imprigionarlo.
Molto curata la colonna sonora che contiene sia brani degli anni sessanta, sia canzoni nuove e il cui brano portante (Che abbia vinto o no) è del rapper Emis Killa, uno dei migliori artisti contemporanei, un altro atout per un’opera mai banale e adatta a tutti.
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La scheda
Titolo originale: Il ricco, il povero e il maggiordomo
Regia: Aldo, Giovanni, Giacomo e Morgan Bertacca
Sceneggiatura: Aldo, Giovanni e Giacomo, Valerio Bariletti, Morgan Bertacca e Pasquale Plastino
Cast: Aldo Baglio, Giovanni Storti, Giacomo Poretti, Giuliana Lojodice, Guadalupe Lancho, Sara D’Amario, Massimo Popolizio, Rosalia Porcaro e Francesca Neri
Genere: commdia
Origine: Italia
Anno: 2014
Durata: 102 minuti