Teatro della Pergola
Da martedì 27 gennaio a domenica 1° febbraio
Teatro Eliseo in collaborazione con Francesco Bellomo
Giuliana Lojodice con la partecipazione di Giuseppe Pambieri
LA PROFESSIONE DELLA SIGNORA WARREN
di George Bernard Shaw
traduzione e adattamento Giancarlo Sepe
con Pino Tufillaro, Fabrizio Nevola, Federica Stefanelli e Roberto Tesconi
scene e costumi Carlo de Marino
disegno luci Gerardo Buzzanca
colonna sonora a cura di Harmonia Team
con musiche originali di
Davide Mastrogiovanni
regia Giancarlo Sepe
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Teatro Goldoni
Da martedì 27 gennaio a domenica 1° febbraio
Teatro Franco Parenti
Marina Rocco
GLI INNAMORATI
di Carlo Goldoni
con Matteo De Blasio, Roberto Laureri, Elena Lietti, Alberto Mancioppi, Silvia Giulia Mendola, Umberto Petranca, Andrea Soffiantini
drammaturgia Vitaliano Trevisan
scene e costumi Gian Maurizio Fercioni
luci Gigi Saccomandi
musiche Michele Tadini
regista assistente Fabio Cherstich
regia Andrée Ruth Shammah
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Da martedì al Teatro della Pergola e al Goldoni arriva la tragicommedia dell’amore contrastato, tra genitori e figli e tra giovani innamorati. Tormenti, ripicche, gelosie, ricatti, scenate e riappacificazioni uniranno per una settimana le due sale fiorentine nel segno del sentimento più inquieto, ieri come oggi.
Alla Pergola Giuliana Lojodice, con la partecipazione di Giuseppe Pambieri, darà vita a La professione della signora Warren di George Bernard Show, regia di Giancarlo Sepe.
Al Goldoni la Compagnia del Teatro Franco Parenti, capitanata da Marina Rocco, metterà in scena Gli innamorati di Carlo Goldoni, diretti da Andrée Ruth Shammah.
Giovedì 29 gennaio, ore 18, Giuliana Lojodice, Giuseppe Pambieri e la Compagnia incontreranno il pubblico della Pergola. Coordinerà Lorella Pellis, giornalista di ‘Toscana Oggi’. Ingresso libero.
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Scritta da George Bernard Shaw nel 1893 e inserita nella raccolta ‘Commedie sgradevoli’, La professione della signora Warren è un’opera dall’efficacia pungente contro l’ipocrisia e i compromessi della società, tanto ‘scandalosa’ da essere allestita in un club di Londra solo nel 1902 e ottenere la prima messinscena oltre trent’anni dopo la sua stesura, nel 1925.
Da martedì 27 gennaio a domenica 1° febbraio, sul palco del Teatro della Pergola, Giuliana Lojodice sarà la signora Warren, una prostituta, poi tenutaria di numerose case chiuse in tutta Europa, affascinata dal potere dei soldi intesi come riscatto suo personale e della adorata figlia Vivie (Federica Stefanelli), che gode degli agi del benessere, ma non sa nulla dell’antico mestiere della madre. Lo spettacolo vede la partecipazione di Giuseppe Pambieri.
“In questi ultimi anni mi sono concentrata su dei ruoli non da semplice prima donna” – racconta Giuliana Lojodice – “la mia è stata una ricerca di caratteri forti: la Signora Frola di Pirandello, l’Anna K tratta da Kafka con la regia di Ugo Chiti, interpretazioni estremamente differenti tra loro, ognuna con una sua profonda interiorità interpretativa.” Recentemente ha interpretato una madre anche nell’ultimo film di Aldo, Giovanni e Giacomo, Il ricco, il povero e il maggiordomo.
Per questo testo ha scelto di tornare a lavorare con Giancarlo Sepe, con il quale ha collaborato per oltre 25 anni, a partire dal 1988.
“L’ho scelto io Sepe perché era da molto tempo che non lavoravamo insieme” – confessa l’attrice – “con questa sua nuova traduzione, grazie a un modo innovativo di proporre l’immagine al pubblico, abbiamo tentato di restituire una visione diversa di questo testo di fine Ottocento, a partire già dai costumi: lo spettacolo, infatti, è ambientato negli anni Cinquanta.”
L’inizio è dark, quasi gotico, mentre la scena è spoglia, come se fosse un set cinematografico. Gli interventi musicali sottolineano gli stati d’animo dei personaggi: ogni battuta che apre una situazione psicologia nuova nel racconto è messa in evidenza dalla musica.
La signora Warren ha una storia dolorosa alle spalle: tradita, sfruttata, derubata di ogni innocenza, ha scelto di vendicarsi contro la società che l’ha umiliata vendendo il suo corpo e riuscendo così a tenere lontana la figlia da ogni possibile fallimento. Raramente le ha fatto visita nei collegi di lusso dove era alloggiata, adducendo come scusa le ‘fatiche’ di una vita di alta società.
Vivie, dopo aver conseguito brillantemente un alto certificato di studi in matematica, a Cambridge, si sta prendendo una meritata vacanza, con tutta la comodità che i mezzi della ricca madre le consentono, in un cottage del Surrey. Dopo anni di lontananza, la signora Warren decide di incontrarla per congratularsi con lei, ma ha l’imprudenza di portare con sé due uomini, il Signor Pread di Pino Tufillaro (un artista un po’ innocente, un po’ colpevolmente sprovveduto) e Sir George Crofts, interpretato da Giuseppe Pambieri, suo socio in loschi affari, vizioso quanto aristocratico.
“Lo scontro tra madre e figlia è il perno della commedia” – afferma ancora Giuliana Lojodice – “si sorride, è vero, ma il tema della prostituzione è molto forte e quanto mai attuale.”
La signora Warren si è venduta credendo che la ricchezza avrebbe sanato tutto, soprattutto l’avvenire della figlia, ma in cambio non ottiene alcuna riconoscenza.
“Si scontrano la generazione del Capitalismo che appartiene alla Signora Warren – spiega l’attrice – e la generazione dei giovani nuovi, che non vogliono piegare la testa e cedere alle leggi del Capitalismo. La forza della Signora Warren che difende a spada tratta il suo operato davanti alla figlia è data dall’evidenza di un carattere che non si assoggetta a un’idea di femminilità oppressa dalla mascolinità: la Signora Warren è una femminista ante litteram.”
George Bernard Shaw affronta qui la questione dell’emancipazione femminile nella società borghese con un’aggressività maggiore, per esempio, del successivo Pigmalione.
“In questo allestimento c’è un connubio strano – conclude Giuliana Lojodice – di me attrice tradizionale in un ruolo moderno e coraggioso, perché io amo le scommesse, e in fondo l’ho dimostrato in tutta la mia vita. Si può fare ricerca anche nella tradizione, secondo me.” La tensione etica e il coraggio di rottura morale fanno de La professione della signora Warren un vasto processo all’intera società del tempo, che si protrae tenacemente in quella attuale.
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La paura di amare e di lasciarsi andare a sentimenti sinceri è al centro de Gli innamorati di Carlo Goldoni, sul palco del Teatro in via Santa Maria da martedì 27 gennaio a domenica 1° febbraio. Un testo straordinariamente contemporaneo che intrappola il pubblico: si ride e ci si riconosce nelle dinamiche che Goldoni ha saputo orchestrare con acume e infinita umanità. Andrée Ruth Shammah riprende il suo percorso di ricerca sui classici e affronta di nuovo l’autore veneziano, dopo La Locandiera e Sior Todero Brontolon, con uno spettacolo, la drammaturgia è di Vitaliano Trevisan, che è una ‘macchina inesorabile’, perfetta per la nuova compagnia del Teatro Franco Parenti, reduce dal successo travolgente de Il Don Giovanni di Filippo Timi nella passata stagione.
Eugenia e Fulgenzio, interpretati da Marina Rocco e Matteo De Blasio, si amano, ma non riescono a essere felice. Pur avendo tutto dalla loro parte, giovinezza, bellezza e passione, non sanno far altro che tormentarsi a vicenda, guastando la loro storia con continue e ingiustificate gelosie e dispettose ripicche. Paralizzati dal timore dei loro sentimenti, li distruggono a colpi di nevrosi. Dalla diatriba tra i due si scatena una vibrante tensione che attraversa tutti i protagonisti della vicenda e fa sì che agli occhi del pubblico risultino così umani da essere vicini alla nostra sensibilità.
“Gli Innamorati di Goldoni sono stati il mio primo saggio teatrale – ricorda Marina Rocco – quando avevo quindici anni. Ho sempre amato il personaggio di Eugenia e il fatto di interpretarlo, sera dopo sera, mi permette di raccontare anche qualcosa di me.”
Una narrazione suggestiva, fresca e senza sovrastrutture centrata sul sentimento unico e immortale dell’amore, una commedia goldoniana non consueta, scritta in un periodo in cui il commediografo veneziano cercava di arricchire di sfaccettature i suoi personaggi.
“Mettiamo in scena soprattutto le paure che accompagnano l’innamoramento – interviene l’attrice – il senso proprio di non essere degni dell’amore e di non meritarlo. Le conseguenze sono la rabbia e quindi l’aggressività che può nascere dal sentimento amoroso.”
L’amore de Gli innamorati si manifesta attraverso gelosie, musi lunghi per ogni minima ombra, puerili ripicche, arrabbiature, scene di disperazione, clamorose rotture, seguiti da pentimenti, suppliche e solenni giuramenti.
“La gelosia è un sentimento che conosco bene, soprattutto dopo averci lavorato tanto sopra per conto mio” – afferma Marina Rocco – “secondo me si tratta di uno dei dolori psicologici più atroci che si possano provare: non è la semplice sofferenza dell’amore, piuttosto è il dolore di non sentirsi amati, prima di tutto, da se stessi.”
Tormentarsi per amore ed essere poi incapaci di amare diventa lo specchio di un oggi fortemente nevrotico dove cinismo e romanticismo si mischiano e si intrecciano.
“Io adoro Goldoni, mi piace perché all’interno di questa sua struttura costruita in maniera così precisa c’è spazio per i sentimenti veri – conferma l’attrice – e noi abbiamo lavorato in questa direzione: nel momento in cui abbiamo affrontato il testo, senza pensare alla comicità, sono entrate tante cose nostre nello spettacolo. Il testo mantiene in sé tutto lo spazio necessario per accogliere la nostra contemporaneità.”
Si ride e ci si dispera presi da attimi di vera malinconia, non solo dei personaggi, ma anche della proiezione inevitabile che ognuno di noi può fare all’interno delle dinamiche amorose rappresentate in scena.
“Credo che Gli innamorati sia un capolavoro – conclude Marina Rocco – Goldoni ha scritto una commedia, dotata di una forte profondità. Questo spettacolo può definirsi anche metateatrale: stiamo parlando di amore e nei rapporti d’amore spesso ci ritroviamo a recitare dei ruoli, proprio come facciamo noi attori.”
Il lieto fine sarà un momento importante, per Eugenia e Fulgenzio e per l’amore.
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Interviste a Giuliana Lojodice e Marina Rocco
di Angela Consagra tratte da ‘Pergola in Sala’
Giuliana Lojodice
Che cosa l’ha convinta ad interpretare questo spettacolo?
“Le decisioni degli attori partono da tanti fattori: dall’attualità dell’autore, prima di tutto; fondamentale inoltre è anche il personaggio: in questo caso, si tratta di una figura femminile estrema, di una donna in certi momenti anche ai limiti della volgarità, cresciuta nei bassi fondi della società. E’ un personaggio così diverso da quelli che in genere mi trovo ad interpretare: in questi ultimi anni mi sono concentrata su dei ruoli non da semplice ‘prima donna’, ma la mia è stata una ricerca di caratteri forti: la Signora Frola di Pirandello, l’Anna K tratta da Kafka con la regia di Ugo Chiti, interpretazioni estremamente differenti tra loro, ognuna con una sua profonda interiorità interpretativa.”
È vero che per La professione della Signora Warren è Lei ad aver voluto come regista Giancarlo Sepe?
“Sì, l’ho scelto io Sepe perché era da molto tempo che non lavoravamo insieme. Con questa sua nuova traduzione, grazie a un modo innovativo di proporre l’immagine al pubblico, abbiamo tentato di restituire una visione diversa di questo testo di fine Ottocento, a partire già dai costumi: lo spettacolo infatti è ambientato negli anni Cinquanta. Il testo praticamente si concentra tutto sul grande diverbio esistente tra la madre – la Signora Warren, appunto – e la figlia che non aveva mai capito che tipo di ‘professione’ svolgesse sua mamma. Ha studiato ed è stata mantenuta in un grande college londinese senza sapere che i soldi provenivano dalla professione di ‘tenutaria’ della Signora Warren: da prostituta prima, a tenutaria di diverse case chiuse sparse in tutta Europa. All’impetuosità sia verbale che caratteriale della madre, la figlia nel racconto contrappone una grossa calma acquistata in anni di silenzio e lontananza proprio dalla madre. Lo scontro tra madre e figlia è il perno della commedia, che non a caso viene chiamata da Bernard Shaw “sgradevole”: nello spettacolo si sorride, è vero, ma il tema della prostituzione è molto forte e quanto mai attuale.”
Madre e figlia sono due femminilità messe a confronto…
“È vero, soprattutto dal punto di vista generazionale. Nello spettacolo si scontrano la generazione del Capitalismo che appartiene alla Signora Warren e la generazione dei giovani nuovi, che non vogliono piegare la testa e cedere alle leggi del Capitalismo. La forza della Signora Warren che difende a spada tratta il suo operato davanti alla figlia è data dall’evidenza di un carattere che non si assoggetta ad un’idea di femminilità oppressa dalla mascolinità: la Signora Warren è una femminista ante litteram perché arriva a dire frasi come “che cosa vale una donna senza il rispetto di se stessa?” Lei è stata una prostituta perché purtroppo viene dai bassi fondi e non aveva da mangiare, ma non ha mai desiderato di essere alla mercé degli uomini. La professione della Signora Warren è una commedia che va a fondo su delle problematiche che ci appartengono e in questo allestimento c’è un connubio strano – di me attrice tradizionale in un ruolo moderno e coraggioso – perché io amo le scommesse, e in fondo l’ho dimostrato in tutta la mia vita. Si può fare ricerca anche nella tradizione, secondo me.”
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Marina Rocco
La Compagnia de Il Don Giovanni di Filippo Timi che recita Gli innamorati di Goldoni: c’è un filo che lega queste due messinscena?
“Il filo è la regista Andrée Ruth Shammah, che è la produttrice de Il Don Giovanni e che dirige questa versione de Gli innamorati. Lei ha pensato interamente al progetto di questo spettacolo e quando me ne ha parlato sono stata entusiasta perché Gli Innamorati di Goldoni sono stati il mio primo saggio teatrale, quando avevo quindici anni. Ho sempre amato il personaggio di Eugenia e il fatto di interpretarlo sera dopo sera: mi sembra, alla fine, con questo ruolo di riuscire a raccontare anche qualcosa di me.”
Lo spettacolo racconta il sentimento amoroso, con i suoi entusiasmi ma anche attraverso le continue paure legate all’amore…
“Mettiamo in scena soprattutto le paure che accompagnano l’innamoramento, il senso proprio di non essere degni dell’amore e di non meritarlo. Le conseguenze sono la rabbia e quindi l’aggressività che può nascere dal sentimento amoroso. Io, in particolare, nello spettacolo ho il problema di non avere la dote. Questa è una situazione grave per l’epoca perché era difficile, senza dote, trovare marito. Allora, nell’interpretazione del personaggio, ho cercato di dare un mio significato attuale a questa condizione un po’ datata, legata all’ottenimento di un capitale per riuscire a sposarsi: non avere quella dote, per me, è come non sentirsi degni di essere amati. Nella mia concezione è la consapevolezza della propria ricchezza interiore che ci rende veramente desiderabile per gli altri; quando non percepiamo questo tipo di ricchezza, ecco che scatta la gelosia. Chiunque altro diventa, ai tuoi occhi, più desiderabile di quello che sei. Sono le tematiche, credo, che colpiscono di più il pubblico.”
Quindi la gelosia fa parte dell’amore?
“La gelosia fa parte della mancanza di dote che ti induce a pensare che qualunque altra donna sia più desiderabile di te… È un sentimento che conosco bene, soprattutto dopo averci lavorato tanto sopra per conto mio: non riesco a pensare che la gelosia faccia parte dell’amore, sono più propensa a vederla come una lotta con se stessi. Sto parlando di quella gelosia che ti fa morire di dolore, di quel particolare sentimento che soltanto la persona gelosa conosce. Secondo me si tratta di uno dei dolori psicologici più atroci che si possano provare: non è la semplice sofferenza dell’amore, piuttosto è il dolore di non sentirsi amati, prima di tutto, da se stessi.”
A parte le sofferenze legate alle schermaglie dell’amore, la vostra messinscena – così luminosa – comunica un grande senso del gioco…
“Sì, questa è un’opera comica di Goldoni, scritta nella metà del Settecento e nonostante questo passaggio temporale il testo fa ancora ridere. In realtà Andrée Ruth Shammah, la regista, ci ha detto di dimenticarci della commedia e di affrontare questo testo come se fosse un dramma: pian piano siamo entrati nelle nevrosi e nelle paure che muovono i personaggi. Io adoro Goldoni: mi piace perché all’interno di questa sua struttura costruita in maniera così precisa c’è spazio per i sentimenti veri. E noi abbiamo lavorato in questa direzione: nel momento in cui abbiamo affrontato il testo, senza pensare alla comicità, sono entrate tante cose nostre nello spettacolo. Il testo mantiene in sé tutto lo spazio necessario per accogliere la nostra contemporaneità. Credo che Gli innamorati siano un capolavoro: Goldoni ha scritto una commedia dotata di una forte profondità. Questo spettacolo può definirsi anche metateatrale: stiamo parlando di amore, e nei rapporti d’amore spesso ci ritroviamo a recitare dei ruoli, proprio come facciamo noi attori.”
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BIGLIETTI La professione della Signora Warren
INTERI
Platea € 32,00 ● Posto palco € 24,00 ● Galleria € 16,00
Ridotti (escluso domenica)
OVER 60
Platea € 28,00 ● Posto palco € 20,00 ● Galleria € 14,00
UNDER 26
Platea € 20,00 ● Posto palco € 16,00 ● Galleria € 12,00
SOCI UNICOOP FIRENZE (martedì e mercoledì)
Platea € 25,00 ● Posto palco € 18,00 ● Galleria € 13,00
BIGLIETTI Gli Innamorati
INTERI
Platea € 15,00 ● Posto palco € 12,00
Ridotti (escluso domenica)
OVER 60
Platea € 12,00 ● Posto palco € 10,00
UNDER 26
Platea € 12,00 ● Posto palco € 10,00
SOCI UNICOOP FIRENZE
Platea € 12,00 ● Posto palco € 10,00
BIGLIETTERIA
Teatro della Pergola, via della Pergola 18, 055.0763333 biglietteria@teatrodellapergola.com.
Orario: dal lunedì al sabato dalle 9.30 alle 18.30.
Online su www.teatrodellapergola.com
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