Una famiglia come tante del Nord Est d’Italia, un padre che produce pavimenti per sotterrare il passato, una madre con la sola ossessione dell’apparenza; due figli, due fratelli, che oltre al sangue e ai genitori hanno in comune l’idea di seppellirli causando loro una morte silenziosa, che non fa rumore, che non scomoda nessuno.Paura, paura di invecchiare, di non essere rispettati e ricordati; ricordati per i sacrifici e il sudore speso per garantir loro un futuro, un’illusione, una speranza spezzata dalla crisi, da Equitalia, da innaturali stereotipi, dalla bramosia di oneri ed onori.Accade l’impensabile, la precarietà dei sentimenti porta una madre ed un padre a togliersi la vita. Il piano di Diego e Marta svanisce nel nulla, come la loro speranza di un’eredità che assicurasse loro una bella casa grande, in cui continuare a scartar boeri. Il vuoto, niente soldi, niente omicidio, il suicidio come protagonista di una realtà sempre più arida e meno fertile in cui i sogni non riescono a crescere, forse nemmeno a nascere. Ma la morte pone di fronte ad una realtà che rende tutti uguali al cospetto della sorte, che porta a interrogarsi sui veri principi.Diego e Marta apprezzano per la prima volta un’eredità molto più genuina, l’accettazione di tutte quelle condizioni con cui i genitori non erano riusciti a confrontarsi. I nostri “falliti di successo” intraprendono un travagliato percorso interiore in cui scoprono una rinascita dei valori, una nuova concezione della vita che scorre, e del corpo che cambia, perché farci imbalsamare prima del tempo non sarà il modo per fermarlo.Sceneggiatura, interpretazione e costumi, portati in scena da Annalisa Ferlini, sono di Diego e Marta Dalla Via, fratelli anche nella vita reale, che con intelligente leggerezza sono riusciti ad incarnare una vicenda di estrema attualità che porta alla riflessione su tematiche che hanno accompagnato l’uomo di ieri e di oggi, come il conflitto generazionale e il pericolo causato dalla concezione impropria dei beni materiali.