Traduzione e adattamento di Masolino D’Amico
Non riesco a capire perché gli attori, come nel film “Il Padrino”, vestano come pinguini, fumino come caminetti e usino la pistola. A voler guardare affinità ce ne sono molte ma insufficienti per giustificarne l’uso. Se lo scopo era rimarcare l’attualità della storia bastava attendere la scena in cui Riccardo con l’ipocrisia che gli è naturale dapprima rifiuta di cedere alle insistenti pressioni del sindaco per poi alla fine “obtorto collo” accettare l’incoronazione con la frase che sembra scritta oggi: “È un sacrificio, ma lo faccio per il bene del Paese”.
Altro punto: nella scena col sindaco le argute sequenze comiche di Shakespeare vengono tradotte eccessivamente chiave farsesca.
E ancora, fare il verso a Vittorio Gassman (o a Branciaroli che imita Gassman) non stona, ma è inutile pezzo di bravura attorale.
L’eccessiva amplificazione facilita l’attore e il pubblico…. anziano, ma toglie sfumature e colore alle voci.
Manca poi la scena dell’apparizione in sogno a Riccardo, la notte prima della battaglia, degli spettri di tutte le sue vittime che gli predicono la sconfitta e quindi la fine. Perirà sul campo urlando la celebre frase: “Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo”. Sarà la fine della personificazione di un male assoluto dotato di fascino e sprazzi di humour.
La scenografia di Lorenzo Catuli è oggettivamente di prim’ordine (di ronconiana impronta?) ma quel grande cilindro centrale rotante è troppo macchinoso e, a mio avviso, troppo costoso e quei frastornanti colpi di tamburo al cambio di ogni scena mantengono la drammaticità del momento, ma non consentono respiro agli spettatori. Per permettere il cambio scena (che poi è sempre quella stanza) sarebbe bastata una quinta mobile o un velario (naturalmente nero).
In conclusione penso che la rappresentazione sia tutta impostata sopra le righe (ma è la tragedia che lo impone) e che il regista Massimo Ranieri abbia lasciato troppa corda al Ranieri attore.
Dunque tutto sbagliato? Spettacolo da bocciare o rimandare a settembre? Assolutamente no. Lo spettacolo è complessivamente buono e Massimo Ranieri ne è eccezionale interprete e buon regista. Bravo in senso assoluto vince a mani basse la sfida ed esce meritatamente e definitivamente dall’ombra ingombrante del (bravissimo) cantante.
La storia in breve.
Riccardo nasce deforme. Una gibbosità che ha sicuramente condizionato il suo sviluppo psicologico e ne ha modellato e moltiplicato negativamente le valenze caratteriali. È dispotico, istrione, crudele, sulfureo, malvagio, la sua follia omicida non ha limiti, ma nello stesso tempo è subdolo, falso al punto da saper indossare di volta in volta la maschera che più si adatta alla circostanza riuscendo a rendersi credibile. Il personaggio è la metafora del potere e dell’attore. “ Il sanguinario storpio Riccardo, l’uomo di tutti i delitti e tutte le finzioni, diventa un attore, un tragico guitto dalla maschera continuamente mutevole”. Lo svolgimento della tragedia è contrassegnato dal delitto, dall’inganno, dal tradimento tutto al servizio dell’ambizione. È un meccanismo che macina con tragica alternanza i carnefici che diventano vittime e le vittime che si fanno carnefici.
Per salire al trono d’Inghilterra lo spietato, cinico duca di Gloucester uccide il fratello Edoardo successore al trono, sorte che infliggerà anche alla moglie Anna. Vittima della sua perversa malvagità e della brama di potere farà poi uccidere da un sicario l’altro fratello maggiore Giorgio e successivamente anche entrambi i figli di Edoardo, successori legittimi al trono. Alla morte del padre Edoardo IV si presenta come uomo mite e modesto e, con falsa riluttanza cede alle insistenze del sindaco di Londra e accetta l’incoronazione e per rinsaldare il suo trono obbliga la nipote Elisabetta (promessa sposa al giovane rivale conte di Richmond) a sposarlo. La serie di crimini continua ancora con l’assassinio del vecchio sodale, duca di Buckingham che, resipiscente, si schiera con Richmond il quale col suo esercito sta marciando verso lo scontro finale.
Ottimo il cast degli attori comprimari, Carla Cassola nelle vesti della vecchia regina pur nelle brevissimi apparizioni si dimostra una signora attrice, Margherita di Rauso è una regina Margherita altera di sorprendente tragicità e ancora Roberto Vandelli, Massimo Cimaglia, Paolo Lorimer, Paolo Giovannucci, Roberto Bani, Antonio Speranza, Marco Manca, Gaia Bassi, Luigi Pisani, Paolo Giovannucci, Giorgia Salari, Antonio Rampino, Mario Scerbo.
Le belle musiche del maestro Ennio Morricone moltiplicano le emozioni , i costumi di Nanà Cecchi sono funzionali e le luci disegnate da Maurizio Fabretti (blackout a parte), nell’economia drammaturgica, assumono una funzione narrativa.