testo e regia Livia Ferracchiati
Ho sempre odiato le persone che ridono sguaiatamente a teatro.
La scena che puntualmente mi si presenta è questa: lo spettacolo è iniziato da poco, gradualmente sto entrando nell’universo della storia e sto dimenticando la realtà e la gente intorno a me, guidata dagli attori. Ecco, sento la prima battuta che mi scalda il cuore e la bocca mi si sta piegando involontariamente in un sorriso…finché il vicino alla mia destra, o il cespuglio di capelli davanti a me, esplode e si trasforma in una iena ridens, come se proprio non potesse fare a meno di urlare, rovinandomi la catarsi e rispedendomi direttamente nella sala del teatro. Solitamente mi giro alla mia sinistra e cerco lo sguardo di Elena, la mia compagna di spettacoli, e anche nel buio so che lei sta alzando il sopracciglio, seccata, esattamente come me.
Mentre assistevo a questo spettacolo, tuttavia, mi sono dovuta unire al gruppo degli sghignazzatori sguaiati, perché proprio non riuscivo a trattenermi. Sono certa, tuttavia, di non avere dato fastidio a nessuno, visto che in sala tutti abbiamo riso come pazzi per l’intera durata dello spettacolo.
Nonostante il divertimento innegabile, i temi trattati sono molto seri. Nello spettacolo viene raccontato l’amore, in particolare l’amore nelle relazioni, che non è l’idillio che ci raccontano nelle fiabe, ma la difficile, intricata, ma proprio per questo sorprendente, realtà che consiste nel riuscire a fare andare d’accordo due persone con caratteri diversi.
IO e TU potrebbero rappresentare qualsiasi coppia, lei ingegnere da generazioni, che incarna la parte più razionale in un rapporto, lui fumettista, che rappresenta tutte le insicurezze e le pulsioni irrazionali che gli innamorati possono sperimentare.
Il nostro protagonista è un eterno insicuro, fobico, che documenta di volta in volta le fasi e i litigi della coppia, arrivando a creare una tabella Excel per catalogare i precedenti rapporti della fidanzata. La lascia continuamente, perché, paradossalmente, ha paura di perderla. Lei non lo lascia mai perché, nonostante tutto, lo ama.
La figura richiama alla mente Nanni Moretti, in particolare il personaggio di Michele nel film “Bianca” del 1984, ossessionato dalle relazioni (proprie e degli altri) fino ad arrivare a livelli estremi. Tuttavia Nanni non è una presenza arrogante sul palco, è defilato, osserva da lontano, probabilmente è a ridere in mezzo al pubblico.
I litigi sono sempre attuali e esilaranti proprio per la loro ordinaria stranezza: il carabiniere che dopo che IO va sporgere denuncia la aggiunge su Facebook, l’incontro con l’odiato ex, Manlio, al supermercato, TU che di nascosto va a mangiare l’agnello dalla madre.
L’umorismo dello spettacolo è spesso frutto dello straniamento che deriva dalla presenza di elementi quotidianamente banali all’interno di un contesto serio («mi fai sentire male come quando riempio la bottiglia della Ferrarelle con l’acqua del rubinetto, poi mi dimentico, la bevo e mi accorgo che non ha le bollicine e magari c’è anche un po’ di calcare») e risulta irresistibile e travolgente.
Durante tutta la durata dello spettacolo ci si ritrova a riflettere sull’amore, l’onestà, la vita e la morte, la vecchiaia. È giusto voler essere sempre giovani? Non sarebbe meglio accettare lo scorrere del tempo, con quello che ci fa ottenere? È possibile stare con una persona “finché morte non ci separi”?
Le riflessioni si risolvono nel finale, tragico e comico allo stesso tempo: IO e TU sono distrutti dalla loro stessa incapacità di comprendersi.
Non credo sia un epilogo privo di speranza, anzi, a suo modo risulta lieto per i protagonisti, che avevano espresso l’intenzione di andarsene insieme: forse IO potrà finalmente trovare la sua eternità con TU.
I complimenti vanno al testo e alla regia di Livia Ferracchiati che aveva già presentato lo spettacolo al Todi Festival-spazio giovani-2014, alla grande bravura degli attori Chiara Leoncini e Fabio Paroni, ai raffinati costumi di Laura Dondi, alle scene di Chiara Bonomelli e all’assistenza alla regia di Elena Costanzi