Antonio Vivaldi: Concerto per violoncello e archi in la minore RV 419
Giovanni Platti: Concerto per violoncello e archi in re maggiore
Luigi Boccherini: Concerto per violoncello e archi n° 2 in re maggiore
Carlo Graziani: Concerto per violoncello e archi in do maggiore
Orchestra Il Pomo d’Oro
Violoncello: Edgar Moreau
Direttore: Riccardo Minasi
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Il 10 gennaio il Teatro La Fenice ha ospitato il concerto, organizzato dal Venetian Centre for Baroque Music, che ha visto protagonisti Edgar Moreau e l’Orchestra Il Pomo d’Oro diretti da Riccardo Minasi. Il programma prevedeva un viaggio diacronico nella produzione italiana per violoncello e orchestra, che splendidamente ha tratteggiato il passaggio dall’estetica barocca a quella preromantica di tardo Settecento.
Stenta ancora ad essere superato, pure tra gli addetti al settore, un certo atteggiamento di sufficienza nei confronti di Vivaldi, dovuto a una certa “ripetitività” delle sue opere. In realtà, più lo si ascolta, più se ne comprende la maestria nel trovare forme diverse sotto cui presentare il materiale musicale. L’ha capito, ad esempio, Tiziano Scarpa, che in Stabat mater scrive: «Vivaldi dispiega il suo potenziale se lo si esegue con almeno un pizzico della reverenza che viene riservata fin troppo sussiegosamente a Bach». Il Concerto RV 419 fa al caso nostro. Il lirico Andante, affidato al solista e al basso continuo, è racchiuso, quasi come rubino incastonato su una stravagante montatura, tra due Allegro estrosi e “rock”, soprattutto l’ultimo, breve ma dalle tinte cupe e tormentate.
Il Concerto di Platti ha rifulso quale perla d’inestimabile valore. Platti, cantante e oboista oltre che compositore, dal 1722 si spostò a Würzburg, ove si mise al servizio del principe-vescovo Philipp Franz von Schönborn, deceduto nel 1724, data a cui risalirebbe tale lavoro. Anche qui, l’Allegro iniziale e finale sono intrisi di un’impegnativa agilità, mentre l’Adagio abbonda di un’armoniosa espressività. Rispetto allo stile del “prete rosso”, però, la sensazione è quella di una maggiore pastosità di suono, come suggerisce appropriatamente la lunga esposizione del primo movimento, in cui il botta e risposta tra violini e solista rende l’impianto più similare a una sinfonia con violoncello obbligato che a un concerto.
Il carattere frivolo e leggero delle scelte compositive di Boccherini accostano il suo Concerto a circoscritti linguaggi mozartiani. L’autore, in un clima rococò permeato da una tipica cantabilità italiana e da un virtuosismo mai auto compiacente, fornisce all’orchestra la possibilità di sfoggiare dei bei timbri e il tempo ternario conferisce una gradevole rusticità all’Allegro conclusivo.
Ha terminato la serata il Concerto di Graziani, enigmatico compositore astigiano su cui si possiedono poche e frammentarie notizie. Fu una figura fondamentale per aver anticipato precocemente una nuova sensibilità artistica, grazie a strutture formali più complesse e di estetica differente rispetto a quelle impiegate dai compositori precedenti. La sonorità, infatti, attraverso una sostenuta pulsazione ritmica, pare schiudersi a un respiro sinfonico che si sarebbe compiuto pienamente nel preromanticismo della prima scuola viennese.
Stupisce in positivo il ventunenne Edgar Moreau. Egli si è esibito con sicurezza in questo repertorio barocco, che richiede un non sempre trovabile connubio tra gusto e padronanza della tecnica. Ha saputo trattare le parti liriche con un’eleganza che ha fatto letteralmente gorgheggiare il violoncello, mentre ha affrontato le virtuosità con grazia e agio.
L’orchestra, sotto la direzione vigile e puntuale di Riccardo Minasi, ha suonato in maniera spigliata e attenta alle dinamiche imposte, contraddistinguendosi per una limpidità di suono che ha permesso, ancora una volta, di apprezzare anche la solida presenza del clavicembalo di Maxim Emelyanychev.
Applausi convinti e come bis finale la Sarabande dalla Suite n° 1 per violoncello solo di Bach.